Intervista ad Amos Cima: “Dobbiamo ricordarci di prenderci cura di noi stessi”
Intervista al cantautore ticinese Amos Cima, che ha pubblicato l'Ep d'esordio "Poche Parole", che contiene la focus track “Piazza di Paese”. L'articolo Intervista ad Amos Cima: “Dobbiamo ricordarci di prenderci cura di noi stessi” proviene da imusicfun.
Intervista al raffinato cantautore ticinese Amos Cima, che il 29 novembre ha pubblicato l’Ep d’esordio “Poche Parole“, che contiene la focus track “Piazza di Paese”.
Intervista ad Amos Cima
Amos, il tuo EP Poche Parole segna il tuo esordio musicale. Qual è stato il percorso che ti ha portato fino a qui? Come hai capito che era il momento giusto per condividere la tua musica?
È stato un lungo percorso di riflessione personale, ricerca ed elaborazione delle mie esperienze di vita. Nel 2021 ho iniziato il mio percorso alla Pop Music School di Paolo Meneguzzi a Mendrisio, seguito dal mio maestro Simone Tomassini. Sono sempre stato una persona molto riflessiva e ho spesso avuto difficoltà a lanciarmi in nuove esperienze a causa della paura e di un’autostima a volte un po’ traballante. Voglio ringraziare mia moglie, che mi ha supportato e incoraggiato in questa nuova avventura, rivelatasi molto arricchente dal punto di vista umano, professionale e personale.
Sei cresciuto a Dangio, nella suggestiva Valle di Blenio. Quanto questo luogo e le sue atmosfere hanno influenzato la tua musica e il tuo modo di scrivere?
Dangio è un luogo di pace e tranquillità, con un legame stretto con la natura e una profonda vicinanza alle montagne. È un paese molto piccolo, caratterizzato da un forte senso di comunità e da una solidarietà ancora presente tra i suoi abitanti. Le esperienze vissute in un contesto così sereno, lontano dalla frenesia delle città, mi hanno insegnato ad apprezzare i singoli momenti e a vivere senza l’ansia del “dover fare” a tutti i costi. Fin da piccolo, ero affascinato dai racconti dei miei nonni e delle persone anziane: ascoltandoli, viaggiavo con la mente, immaginando luoghi e persone che prendevano vita attraverso le loro storie.
La musica d’autore italiana ha avuto un ruolo importante nella tua formazione. Quali artisti ti hanno ispirato maggiormente? E cosa hai voluto portare di “tuo” all’interno di questa tradizione?
Fin da piccolo, grazie a mio padre, ho avuto il piacere di ascoltare molti artisti italiani che mi hanno accompagnato lungo tutta la mia vita. Gli artisti che mi hanno ispirato maggiormente sono Lucio Dalla, Lucio Battisti, Francesco De Gregori, I Nomadi, Francesco Guccini e molti altri. A modo mio, cerco di far vivere alle persone un viaggio attraverso i miei testi: un cammino nei ricordi, come se stessero sfogliando un album della propria vita e si emozionassero osservando fotografie di luoghi, persone e oggetti.
L’EP si compone di sei tracce, ognuna delle quali racconta un pezzo del tuo vissuto. C’è un filo conduttore che lega queste canzoni? Qual è il messaggio che vuoi trasmettere con questo progetto?
Il filo conduttore che lega tutte queste canzoni sono le esperienze umane e personali che si vivono durante il percorso della vita, dall’infanzia fino all’età adulta. I temi trattati spaziano dall’amicizia alla famiglia, dalle proprie origini alla complessità della vita, fatta di gioie e dolori. Il messaggio che vorrei trasmettere con le mie canzoni è un invito a riscoprire e apprezzare la semplicità delle piccole cose, a immergersi nella natura e a essere più solidali verso gli altri. Dobbiamo ricordarci di prenderci cura di noi stessi, perché solo stando bene con noi stessi possiamo stare bene anche con gli altri.
Il singolo “Piazza di Paese”, scelto per la promozione radiofonica, ha un sapore nostalgico e racconta la tua infanzia. Come nasce questa canzone e che ruolo hanno giocato i tuoi ricordi nel processo creativo?
Questa canzone è nata in un periodo difficile e complicato, sia a livello personale che umano. L’ho scritta durante un viaggio in treno verso Zurigo e, in poco tempo, l’ho messa nero su bianco. Credo che nei momenti di difficoltà ripensare alle proprie radici e ai propri “luoghi dell’anima” mi abbia aiutato ad affrontare meglio le sfide. Inoltre, trovo che la scrittura abbia un grande valore terapeutico. In Piazza di Paese, ho cercato di rivivere i momenti della mia infanzia: le esperienze con le mie amicizie, i momenti trascorsi con la mia famiglia e la quotidianità del mio paese. Una quotidianità semplice, ma allo stesso tempo incredibilmente creativa.
“Poche Parole” è un brano molto profondo che affronta temi come l’ascolto e l’empatia. Quanto è importante per te, come artista, dare voce a queste riflessioni in un mondo dominato spesso dall’apparenza?
Per me è essenziale portare riflessioni sulle relazioni umane, sociali e sugli ostacoli che ognuno di noi affronta nella vita. Credo che dovremmo dare meno importanza all’apparire a tutti i costi e alla necessità di avere sempre qualcosa da dire. Molto spesso, infatti, dovremmo privilegiare l’ascolto e imparare a dosare le parole: a volte, nemmeno servono, perché basta una presenza autentica e vera. Ritengo sia fondamentale riflettere sui gesti semplici, come un sorriso o delle parole gentili: piccoli atti che possono alleviare le difficoltà che molti vivono nel presente.
In “Sotto Controllo” esplori il tema della fragilità e della necessità di accettare ciò che non possiamo controllare. È una canzone che rispecchia un’esperienza personale? Quanto la musica è stata uno strumento per elaborare queste emozioni?
Ho cercato di esplorare le fragilità che fanno parte dell’essere umano, perché spesso ci troviamo ad affrontare situazioni complesse e difficili. Credo che alcune ferite non possano rimarginarsi del tutto: rimangono come cicatrici sempre presenti, ma impariamo a conviverci. La mente umana è estremamente fragile, e dobbiamo prendercene cura, trovando una dimensione che ci porti serenità. Nella mia vita ho vissuto momenti difficili che sono riuscito a elaborare grazie alla musica e alla scrittura. Ritengo che l’arte, in generale, sia una forma terapeutica straordinariamente potente.
“Forse non l’hai capito” è un tuffo nei ricordi adolescenziali, tra motorini, primi amori e spensieratezza. Quanto è stato importante per te mantenere viva questa leggerezza nel tuo percorso di vita e artistico?
Penso che sia fondamentale mantenere una certa leggerezza nella vita, anche se non è sempre facile, viste le sfide e le difficoltà che affrontiamo nella quotidianità. Mi considero una persona positiva e cerco di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, anche davanti a situazioni complesse. Nel mio lavoro come educatore sociale, questa leggerezza diventa essenziale: saper sdrammatizzare in alcuni momenti è cruciale, perché senza questa capacità sarebbe difficile continuare a lavorare a contatto con la sofferenza umana.
Ne “L’amore prende strade diverse” racconti il cambiamento dei sentimenti nel tempo, un tema universale e delicato. Quanto pensi sia importante, nella musica, parlare anche delle imperfezioni e delle sfumature dei rapporti umani?
I rapporti umani sono imperfetti per natura: commettiamo errori di comunicazione ogni giorno, e anche le situazioni più banali possono ingigantirsi facilmente. Credo sia fondamentale accettare l’imperfezione dell’altro, che si tratti di un amico, un compagno o un familiare. Le relazioni sono un viaggio continuo fatto di compromessi, in cui non si tratta di voler cambiare l’altro, ma di accettare che ogni persona abbia i propri difetti. La vita è un viaggio pieno di cambiamenti, un saliscendi tra momenti di gioia e periodi più bui. Penso che uno degli errori più comuni sia dare tutto per scontato, soprattutto nelle relazioni.
La traccia conclusiva, E Noi, è un inno all’estate, all’amicizia e all’amore giovanile. Perché hai scelto di chiudere l’EP con questa canzone? Vuole essere un messaggio di speranza e leggerezza?
Nel mio primo EP ho affrontato temi molto profondi, legati alla famiglia, alle proprie origini e alle difficoltà che si incontrano lungo il percorso della vita. Ho quindi deciso di concludere con una canzone più leggera, che potesse offrire un messaggio di speranza in un periodo storico purtroppo segnato da molte tensioni a livello globale.
Come hai lavorato alla scrittura e alla produzione di “Poche Parole”? C’è stata una collaborazione particolare che vuoi raccontarci?
Il lavoro è stato intenso, molto riflessivo, e ci siamo presi il tempo necessario per elaborarlo in un percorso durato quasi tre anni. Ho avuto l’onore di essere seguito da un team fantastico legato alla Pop Music School. In particolare, voglio ringraziare il mio maestro Simone Tomassini, che mi ha trasmesso un’energia e una passione raramente riscontrabili nel mondo attuale. Nell’EP, in due canzoni, mi accompagna con la sua voce, aggiungendo un tocco personale che si sposa perfettamente con il mio lavoro.
Da cantautore, quale pensi sia il momento più difficile e più gratificante del processo creativo?
Penso che il momento più difficile, come accade agli scrittori, sia quando si affronta un blocco e non si riesce ad avanzare nella creazione di nuovi testi. Possiamo chiamarlo il “blocco del cantautore”, una situazione in cui è difficile trovare l’ispirazione per nuove idee. Il momento più gratificante, invece, è quando si riesce a mettere nero su bianco ciò che si ha in mente, utilizzando le parole giuste e con la giusta sintesi, considerando che una canzone, a differenza di un libro, è composta da poche righe.
Hai deciso di esordire con un EP piuttosto che con un singolo. Quanto è stato importante per te presentare un progetto più ampio, che racconta diverse sfaccettature della tua musica?
Esordire con un EP è stato importante perché racchiude tutto il lavoro intenso di riflessione personale svolto durante questi tre anni. Separarlo avrebbe significato lasciare qualcosa per strada, e penso che il risultato d’insieme avrebbe perso in qualità. Il mio primo lavoro esplora diverse sfaccettature di storie ed esperienze di vita, che, pur essendo separate, si ritrovano in questo progetto più ampio e coeso.
Se dovessi scegliere una canzone dell’EP che rappresenta pienamente Amos Cima oggi, quale sceglieresti e perché?
È difficile scegliere, perché tutte le canzoni in qualche modo mi rappresentano, ma se dovessi indicarne una, penso che attualmente sarebbe “Poche Parole”. Da diversi anni lavoro nell’ambito sociale e mi confronto spesso con situazioni di disagio e sofferenza, dove ci sono molte barriere e ostacoli da superare. Osservando e ascoltando le persone, non solo nel contesto lavorativo ma anche nella società attuale, noto che siamo tutti più frenetici e fatichiamo a vedere l’altro, ad ascoltarlo e ad accoglierlo nelle sue fragilità. Penso che, in fondo, nella vita siamo tutti un po’ dei giocolieri, in equilibrio su un filo sottile che ci porta su e giù, dalla gioia alla sofferenza.
Cosa ti auguri che il pubblico colga da questo tuo primo lavoro? Qual è il tipo di emozione o riflessione che speri di trasmettere?
Spero che il pubblico possa cogliere un’onestà umana attraverso le mie parole, sentendosi accolto nei propri momenti di quotidianità, in questo mondo moderno e così complesso. Penso che sia importante riflettere sull’importanza di prendersi il tempo per apprezzare le cose belle della vita: la famiglia, le amicizie, la natura…
Viviamo in un mondo che va a mille all’ora, ma a volte dovremmo fermarci, imparare di nuovo ad annoiarci, senza sentire l’obbligo di fare qualcosa a tutti i costi. Infine, credo che dovremmo ascoltare di più: oggi si tende spesso a voler esprimere la propria opinione senza davvero prestare attenzione a ciò che dice l’altro.
Con “Poche Parole” fai il tuo ingresso ufficiale nel mondo della musica. Cosa possiamo aspettarci dal futuro di Amos Cima? Hai già in mente nuovi progetti o collaborazioni?
Ho alcuni progetti in cantiere, legati a concorsi canori presenti sul territorio italiano e svizzero. Questo mi permetterà di far conoscere maggiormente la mia musica e di crescere sia a livello umano che artistico. Sono previste diverse esibizioni e interviste radiofoniche per promuovere il mio primo EP. Il mio desiderio futuro è di continuare a produrre musica con autenticità e creatività.
Qual è la tua idea di successo? Per un artista esordiente, conta più il riconoscimento del pubblico o quello personale?
Per me, il successo è legato alla capacità di trasmettere emozioni, autenticità e credibilità al pubblico. Quando vedo persone che si emozionano e mi raccontano che, grazie alla mia musica, hanno potuto rivivere una parte dei propri ricordi o delle loro vite, provo una sensazione unica. Credo che il riconoscimento del pubblico e quello personale vadano di pari passo: a livello personale, devo riconoscermi in ciò che scrivo e trasmetto, perché senza questi elementi si rischia di perdere autenticità, sia verso il pubblico che verso me stesso.
Se potessi suonare una delle canzoni dell’EP in un luogo speciale della tua vita, quale sarebbe e perché?
Ognuno di noi ha un proprio luogo dell’anima, dove non necessariamente si è presenti costantemente a livello fisico, ma a cui si lascia uno spazio dolce nella propria mente. Questo luogo, per me, è Dangio, il mio paese d’origine, dove ho vissuto i momenti più spensierati della mia vita. A livello simbolico, suonare lì sarebbe come restituire un piccolo pensiero alle mie radici.
Infine, perché chi ti ascolta per la prima volta dovrebbe dare una chance a “Poche Parole”? Come lo descriveresti in tre parole?
Il mio primo EP ha vissuto un lungo percorso di riflessione personale e ha avuto bisogno di tempo per essere elaborato e, in seguito, diffuso al pubblico. È un EP che tocca svariati temi universali che ci legano tutti: l’amore, l’amicizia, la famiglia, le gioie e le difficoltà della vita.
Questo primo lavoro lo descriverei con tre parole: autenticità, radici ed empatia.
L'articolo Intervista ad Amos Cima: “Dobbiamo ricordarci di prenderci cura di noi stessi” proviene da imusicfun.
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