Lucio Corsi, l’Ariston e la poesia delle canzoni: “Sanremo? Come un concerto”
Lucio Corsi ha scelto di presentare l'avventura al Festival di Sanremo 2025 in un luogo speciale: una trattoria milanese in zona Niguarda L'articolo Lucio Corsi, l’Ariston e la poesia delle canzoni: “Sanremo? Come un concerto” proviene da imusicfun.
Il Festival di Sanremo Lucio Corsi lo ha già vinto, almeno nella terza stagione di Vita da Carlo. Adesso, però, per il giovane cantautore toscano è arrivato il momento di misurarsi con il vero Sanremo. In gara tra i 30 big, porterà il brano “Volevo essere un duro”, una ballata che, come racconta lui stesso, “è fra folk e rock and roll“.
Nella vita reale, Lucio Corsi non è certo mosso dallo spirito competitivo. “Le gare si fanno con le motociclette, non con la musica. E lo dico da amante della velocità, anche se il tempo mi sta antipatico: passa troppo veloce”, riflette. Il suo approccio al Festival è pragmatico, quasi filosofico: “Sarà un’esperienza formativa, non un traguardo. Voglio viverlo come un concerto, anche se dura solo pochi minuti”.
Lucio Corsi ha scelto di presentare la sua avventura sanremese in un luogo speciale: una trattoria milanese in zona Niguarda. “Questi posti mi fanno stare bene, mi riportano con i piedi per terra. E serve, per poter volare nelle canzoni”.
Idee chiare sul Festival.
“Cinque anni fa non avrei immaginato di partecipare a Sanremo. Ora so che sono pronto. Bisogna arrivare al Festival facendo certi passi. Mi serviva un tot di tempo di esperienza. Avevo bisogno di una base solida. Sanremo è un frullatore ed è facile farsi male, ma aver suonato tanto in strada è stato un aiuto. Mi incuriosisce l’idea che mi guarderanno persone che non mi conoscono.”
Il brano che porterà a Sanremo, Volevo essere un duro, ha radici lontane. “L’avevo scritta per il disco, senza pensare al Festival. Le canzoni si ribellano se cerchi di forzarle in un contenitore”, spiega. Il testo esplora il divario tra aspettative e realtà, con un linguaggio a tratti fiabesco. “Amo le storie vere sotto forma di bugie. Il mondo ci vorrebbe infallibili, indistruttibili, come sassi e fiori perfetti. Ma la verità è che ogni fiore è appeso a un filo. Ed è normale diventare altro rispetto a ciò che si sognava”.
Da bambino, Lucio aveva sogni di ogni tipo: paleontologo, disegnatore di automobili, persino cacciatore di insetti. “A dieci anni ho scritto una canzone sulle larve di Cetonia, L’inno della larva,” racconta sorridendo. Ma è stato un film a cambiargli la vita: The Blues Brothers. “In quel film il musicista è un supereroe in missione per conto di Dio. Ho una cicatrice sotto il mento per una caduta mentre imitavo il loro ballo”.
Sanremo sarà anche l’occasione per presentare il suo quarto album, in uscita prossimamente. “La cosa più difficile per un artista è il cambiamento. Se ristagni in cose già fatte, la musica diventa noiosa anche per te. Nel nuovo disco sono cambiato più a livello testuale: parlo di persone in modo diretto, come facevano Dalla, Conte o Ivan Graziani. Prima ero più onirico, ora cerco di raccontare la realtà con più immediatezza”.
L’estetica di Lucio Corsi, però, resta quella di sempre: abiti scelti personalmente e un approccio bio anche alla musica. “Il glam rock è stato un riferimento, ma era fatto da musicisti che cercavano una via di fuga con stracci sberluccicanti, non brand. Ora voglio concentrarmi sugli strumenti”.
In attesa di calcare il palco dell’Ariston, Lucio Corsi si prepara a vivere l’esperienza come una nuova tappa del suo viaggio. “Sanremo non è l’obiettivo finale, ma un passaggio. Il mio vero traguardo è stare in tour, suonare dal vivo, condividere la musica con gli amici di sempre e con il pubblico. Spero di farlo tutta la vita”.
Perché… “la musica non è competizione, ma una missione”.
Qui la nostra videointervista.
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