Alpi Marittime, compie 100 anni il rifugio Emilio Questa
Festeggia il suo primo secolo di vita uno dei rifugi più amati della Valle Gesso. Dedicato all’alpinista genovese Emilio Questa, è appartenuto dal 1925 al 2018 al CAI Ligure, e oggi è di proprietà privata. Il gestore Marco Bassino è uno dei più giovani d’Italia L'articolo Alpi Marittime, compie 100 anni il rifugio Emilio Questa proviene da Montagna.TV.

Il paesaggio e la storia di Genova raccontano il suo rapporto con il mare. Il capoluogo ligure, però, è anche una città di montagna. Dal centro storico e dal porto, ripidi sentieri s’inerpicano verso l’Antola, la Punta Martin e gli altri massicci dell’Appennino. Fin dalla nascita dell’alpinismo, cordate genovesi hanno percorso in lungo e in largo le Alpi, spingendosi spesso verso catene più lontane.
Verso nord, gli alpinisti partiti dalla Superba hanno percorso le grandi vie del Monte Bianco. Verso est, dopo un viaggio in auto o in treno, hanno contribuito a esplorare le Apuane, le ripide montagne del marmo, in Toscana, che offrono in condizioni invernali itinerari su neve, ghiaccio e misto che ricordano le Alpi occidentali.
Nel corso degli anni, però, gli alpinisti di Genova si sono legati soprattutto alle Alpi Marittime, che si raggiungono comodamente da Cuneo. Ai piedi dell’Argentera, del Corno Stella e dei Gelas, ricordano questo rapporto i rifugi della Sezione Ligure del CAI, che ricordano pionieri dell’alpinismo come Lorenzo Bozano, Bartolomeo Figari (che fu anche Presidente generale del CAI) ed Emilio Questa.
“La loro capacità alpinistica, la loro profonda conoscenza della montagna li avrebbe portati a essere tra i fondatori del Club Alpino Accademico Italiano”, scriveva nel 1984 Gianni Pastine, storico dell’alpinismo ligure, nel presentare Bozano e Questa. Grazie a loro, prosegue, “furono aperte nuove vie sul Bastione, sull’Oriol, sulla Punta di Ciamberline e sulla Punta Valletta dell’Asino”.
Lorenzo Bozano fu a lungo presidente della Sezione Ligure del CAI, e si adoperò per la costruzione di rifugi sulle sue amate Marittime, dove le strutture ricettive erano rudimentali. Insieme a Questa, nella primavera del 1899, compì la prima ascensione dell’ostico Monte Contrario, nelle Alpi Apuane. Nel 1905, con Gaetano Rovereto, i due amici diedero alle stampe la prima guida delle Apuane, edita dalla Sezione Ligure del CAI.
Nel 1902 Emilio Questa “onde evitare la poco confortevole e pulita ospitalità che può offrire l’unica osteria del villaggio” di Sant’Anna di Valdieri, preferì bivaccare sotto la pioggia, ai piedi della Cima della Vagliotta. Oggi a Sant’Anna esistono delle strutture ricettive accoglienti, e chi vuole dormire più in alto può scegliere tra numerosi rifugi.
Come ricorda ancora Gianni Pastine, l’attività dei due alpinisti genovesi “fu precocemente interrotta”. L’8 settembre del 1906, Emilio Questa venne ucciso da una scarica di pietre sull’Aiguille Centrale d’Arves, in Francia. Bozano, che si era ammalato alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, venne ucciso nel 1918 dall’epidemia di “Spagnola”.
Nel 1925 la casermetta passa al CAI. E diventa un rifugio
Figari, sopravvissuto a una ferita al fronte, riuscì invece a tornare in montagna. Fu lui, nel 1921, a inaugurare il rifugio che ricorda Bozano ai piedi delle placche del Corno Stella, la più bella vetta rocciosa delle Marittime. Quattro anni dopo, nel 1925, il CAI Ligure rilevò dal Ministero della Guerra una casermetta a 2388 metri di quota, affacciata sul Lago del Prefouns e sulla cresta di confine con la Francia.
L’edificio, intitolato al capitano Eugenio Cappa, medaglia d’argento della Grande Guerra, fu ampliato e dedicato a Emilio Questa. Divenne un classico punto d’appoggio per escursionisti e alpinisti, fu di nuovo requisito dall’Esercito nel 1940 in vista dell’attacco dell’Italia fascista alla Francia. Poi tornò al CAI Ligure, che ne rimase proprietario fino al 2018.
Oggi il rifugio è di proprietà privata, ma resta un punto d’appoggio molto amato nel cuore del Parco delle Alpi Marittime, uno dei più spettacolari e dei meglio gestiti del Piemonte. Verso est, oltre un ripido gradino naturale, si estende il Piano del Valasco, con al centro l’ex-casa di caccia di re Vittorio Emanuele II, che oggi è a sua volta adibita a rifugio. Dall’altra parte, sorveglia la zona il Monte Matto. Nelle giornate più limpide, oltre la pianura, lo sguardo può raggiungere le Alpi centrali.
Accanto alle vette e al lago, attirano l’attenzione degli escursionisti le “strade di caccia” tracciate per le battute reali, e le strade militari costruite prima della Seconda Guerra Mondiale. Nella zona si avvistano lo stambecco, la marmotta e il camoscio, mentre in cielo appare spesso il gipeto.
L’edificio, si legge sul sito, “ha sempre mantenuto la propria struttura semplice e discreta, non chiassosa e perfettamente integrata nel paesaggio circostante: non lo scorgerete da lontano, anzi, lo scoprirete quasi alle ultime curve della vostra camminata. Ed è sempre pronto ad accogliere, nella sua curata essenzialità, sia coloro che desiderano riposo nella quiete, sia chi cerca nella fatica un riposo ancora più forte”.
Rifugio centenario, gestore giovanissimo
Il rifugio Questa, normalmente aperto dal 20 giugno al 20 settembre, ha 25 posti-letto. L’accesso a piedi dalle Terme di Valdieri, toccando il Piano del Valasco, richiede di superare 1000 metri di dislivello e richiede circa 6 ore a/r. Per informazioni e prenotazioni si possono chiamare il telefono fisso 0171.1988388 (solo nel periodo di apertura), e il cellulare 351.5835607 (anche via SMS e Whatsapp). La mail è emilioquesta@gmail.com.
Dall’estate 2021 il rifugio è gestito da Marco Bassino, classe 2001, originario di Borgo San Dalmazzo, uno dei rifugisti più giovani delle Alpi. La famiglia di Marco possiede da molti anni una baita al Valasco, e il fratello Matteo, ogni estate, porta le greggi in alpeggio nella zona. La sorella Marta, asso dello sci alpino, è da tempo un testimonial delle Alpi cuneesi.
“Il rifugio e la zona del Lago delle Portette sono incredibili” spiega Marco Bassino. “Ci salgo regolarmente fin da piccolo e ho sempre pensato che fosse un luogo fantastico per passare la notte. Siamo lontani dai centri abitati e da qualunque fonte di inquinamento luminoso, per cui quando il sole tramonta cala il buio più pesto. Ciò permette una visione stupefacente del cielo stellato, che già da sola vale la fatica di arrivare fin quassù”.
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