Cocullo, il borgo sospeso tra fede, mistero e serpenti
Alla scoperta di Cocullo, borgo d’Abruzzo dove i serpenti incontrano la devozione e la storia dialoga con il mistero.

Racchiuso nell’entroterra abruzzese, tra la Marsica e la Valle Peligna, il borgo medievale di Cocullo si rivela come un luogo sospeso, dove la natura, la storia e il folklore si uniscono in un abbraccio. Passeggiare tra le case in pietra e i vicoli silenziosi significa lasciarsi guidare da suggestioni che vengono da lontano, da una memoria collettiva in cui sacro e pagano si fondono in maniera sorprendente.
Non a caso Cocullo è conosciuto come “la città dei serpenti”, una definizione che affonda le radici in riti antichissimi. In epoca pre-romana, qui si venerava la dea Angizia, capace di dominare il fuoco e i serpenti, e a cui si attribuivano poteri curativi legati al veleno. Quando arrivò il cristianesimo, quel culto non scomparve ma si trasformò. Intorno al X secolo, San Domenico arrivò nel borgo e lasciò in dono la reliquia del ferro della sua mula, come simbolo di protezione dai morsi degli animali velenosi.
Ogni anno, a maggio, Cocullo torna a raccontare la leggenda con la Festa dei Serpari, durante la quale la statua del santo viene portata in processione ricoperta da serpenti vivi: si tratta di un evento che richiama migliaia di visitatori e che rende il borgo unico al mondo.
Dove si trova Cocullo
Nel cuore montano dell’Abruzzo, tra il verde della valle del Rio Pezzana, Cocullo si trova a circa 80 chilometri da L’Aquila, incastonato in una terra plasmata da paesaggi aspri, boschi fitti e silenzi profondi.
Il borgo sorge in una posizione strategica ma appartata, che gli ha permesso nei secoli di mantenere intatta la sua identità: l’eco dei secoli passati si riflette nelle pietre delle case, nei portali scolpiti, nei campanili che si stagliano contro il cielo.
Cosa vedere a Cocullo
Il centro storico di Cocullo si scopre passo dopo passo, senza fretta. Le strette vie acciottolate, le scalinate in pietra, le piccole botteghe raccontano una storia antica, scandita da gesti semplici e devozione.
Il cuore antico del borgo: Rione San Nicola
Nella parte più alta del paese, ecco il Rione San Nicola, dove sono ancora visibili resti delle mura medievali e alcune delle antiche porte di accesso: Porta Ruggeri, che prende il nome dai feudatari di Celano, Porta Renovata, aperta sulla valle meridionale, e Porta di Manno sono come varchi simbolici che invitano a entrare in un tempo differente.
Chiesa di Maria delle Grazie: fede e arte tra Medioevo e Barocco
Nel cuore del borgo si staglia la Chiesa di Maria delle Grazie, costruita nel XIII secolo su quello che un tempo era forse un tempio dedicato a Giove. L’aspetto attuale dell’edificio è frutto di secoli di rimaneggiamenti che l’hanno trasformata in una sintesi perfetta tra rigore medievale e decorazioni barocche. La facciata, suddivisa da tre lesene, accoglie un rosone centrale, un architrave scolpito con l’Agnus Dei e due statue cinquecentesche custodite in eleganti edicole.
All’interno, la chiesa si sviluppa in una sola navata e conserva affreschi di grande valore, realizzati nel Cinquecento, tra cui spiccano una Deposizione e una Crocifissione. Vicino all’ingresso laterale si trova anche un prezioso trittico che raffigura Sant’Antonio, la Maddalena e Sant’Amico, ulteriore testimonianza del ricco patrimonio iconografico del borgo.
Torre medievale e Chiesa di San Nicola
Salendo verso l’estremità, si incontra una torre di pietra realizzata dai Longobardi nel XII secolo. In origine era una struttura difensiva, usata per l’avvistamento, ma nei secoli è stata convertita in campanile per la vicina Chiesa di San Nicola. La torre è oggi sormontata da una cella campanaria con bifore, a cui è stato aggiunto un orologio civico nel XIX secolo.
La chiesa, ricavata modificando l’impianto di un antico castello, è una costruzione semplice e solida. La facciata austera contrasta con l’interno, che si apre in tre navate coperte da una volta a botte lunettata.
Chiesa di San Domenico: simbolo di una devozione unica
Ma il cuore spirituale di Cocullo è la Chiesa di San Domenico, il santo che ha segnato la storia e l’identità del borgo. Anche se le prime tracce di un edificio religioso risalgono al XVI secolo, la chiesa che oggi vediamo è frutto di una ricostruzione del Novecento e si distingue per l’imponente cupola a tamburo e per il campanile a cuspide piramidale, elementi che le conferiscono un aspetto solenne.
L’interno è semplice ma suggestivo: una navata unica con abside semicircolare, un altare maggiore centrale e, sulla destra, un pulpito ligneo finemente intagliato. La vera particolarità, però, è la cappella laterale dedicata a San Domenico, dove è custodita la campanella dei denti, che i fedeli tirano con la bocca durante la festa patronale in segno di devozione e protezione.
Cosa fare a Cocullo: vivere la magia del Festival dei Serpari

C’è un giorno all’anno in cui il silenzioso borgo di Cocullo si anima come mai, attirando fedeli, curiosi, viaggiatori da ogni parte d’Italia e non solo. È il 1° maggio, quando va in scena una celebrazione tanto insolita quanto suggestiva: la Festa dei Serpari, rito unico nel suo genere, sospeso tra religione e paganesimo, tradizione e mistero.
Tutto comincia con i serpari, figure centrali di questa tradizione. Sono uomini e donne che, a partire dal 19 marzo, si dedicano alla cattura dei serpenti nelle campagne intorno al borgo. Si tratta di specie non velenose, che vengono maneggiate con cura e rese innocue, non per crudeltà ma per rispetto e sicurezza, in vista della cerimonia. Il giorno della festa, i rettili diventano parte integrante del rito.
Il momento clou è la processione che parte dalla Chiesa di San Domenico: la statua lignea del santo, portata a spalla, viene completamente avvolta dai serpenti vivi, che si attorcigliano intorno al corpo, al bastone, al volto stesso del santo. È un’immagine quasi ancestrale, che richiama culti antichi e simbolismi profondi. I serpari seguono la processione, anch’essi avvolti dai serpenti, in un corteo che percorre le vie del centro.
La folla si accalca, non solo per osservare, ma per partecipare: si acquistano laccetti, medaglie, anelli, piccoli amuleti che vengono benedetti e conservati come portafortuna contro i morsi di animali rabbiosi, ma anche contro le paure, le malattie e le energie negative. È un momento in cui la comunità si ritrova unita, tra spiritualità e folklore, con una consapevolezza che affonda in radici lontane.
Perché questa festa, infatti, non nasce con il cristianesimo. Le sue origini risalgono molto più indietro, a un tempo in cui si celebrava Angitia, la dea dei serpenti per il popolo dei Marsi, una figura misteriosa e affascinante, custode del sapere curativo e simbolo dell’infinito, della ciclicità della vita, del rinnovamento. Angitia, Anagtia per i Sanniti, Anaceta per i Peligni: nomi diversi per un archetipo condiviso, potente, femminile, capace di governare ciò che spaventa e trasformarlo in forza.
Come raggiungere Cocullo
Cocullo è facile da raggiungere, sia con mezzi propri che con i trasporti pubblici. Il borgo si trova lungo l’autostrada A25 Roma–Pescara, con un’uscita dedicata proprio al casello “Cocullo”. Da lì, bastano pochi chilometri lungo via Santa Maria in Campo per ritrovarsi nel cuore del paese.
Se si parte da L’Aquila, è sufficiente imboccare prima la A24, poi proseguire sulla A25 in direzione Pescara, fino allo svincolo per Cocullo. Chi arriva da Sulmona, invece, può scegliere la Strada Provinciale 51 del Sagittario, poi la Statale 5, fino a congiungersi con l’autostrada. I collegamenti sono comodi anche da Roma, con un tragitto in auto che si compie in meno di due ore.
Per chi preferisce il treno, la stazione ferroviaria di Cocullo si trova a circa 2 chilometri dal centro storico. Fa parte della linea Sulmona–Avezzano–Pescara e consente di arrivare anche da città come Chieti, Ovindoli, Pratola Peligna. In alternativa, sono attive varie linee di autobus che collegano Cocullo ai principali comuni della zona, tra cui Scanno, Anversa degli Abruzzi e Sulmona.