Neri Marcorè celebra sul palco il compleanno del Teatro Ariston

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Jun 1, 2025 - 01:40
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Neri Marcorè celebra sul palco il compleanno del Teatro Ariston

Oggi, 31 maggio 2025, spegne 62 candeline il tempio della musica italiana: il Teatro Ariston di Sanremo ha festeggiato ieri sera, tirando la mezzanotte con il poliedrico Neri Marcorè e la sua band, nel concerto “Da Gaber a Faber”, durato oltre 2 ore e mezza e dedicato a due mostri sacri della canzone d’autore italiana.

Verso la fine del concerto, il proprietario dell’Ariston Walter Vacchino, a nome anche della sorella Carla, ha conferito a Neri un dono come riconoscimento di stima e affetto da parte del teatro: si tratta di una pellicola che racconta i momenti più significativi della storia dell’Ariston, un momento suggellato da un caloroso abbraccio tra i due. “È una serata magica, ha detto Vacchino, su questo palco nel ‘70 è venuto Giorgio per la prima volta e nel ‘75 Fabrizio. Festeggiamo il compleanno del Teatro Ariston con tutta l’energia di chi ha lavorato qui. Questo teatro è come una persona, come Pinocchio diventato poi un bambino. Grazie al pubblico, l’Ariston vi ringrazia e spero che continui sempre a ospitare tanti artisti e a farli crescere”.

Ad accompagnare Neri sul palco una band di musicisti di altissimo livello: Domenico Mariorenzi – chitarra e pianoforte, Simone Talone – batteria e percussioni, Fabrizio Guarino – chitarra elettrica e classica, Alessandro Patti – basso e contrabbasso, Alessandro Tomei – flauto e sax, Anais Drago – violino. Quest’ultima, unica donna sul palco (senza nulla togliere agli altri bravissimi musicisti) ha dato prova di essere una vera virtuosa del violino, riuscendo a suonarlo in velocità supersonica e riscuotendo fragorosi applausi.

Nella prima parte del live, il focus è stato sul geniale e dissacrante Giorgio Gaber, “così come si sarebbe esibito lui – ha spiegato Marcorèalternando suoi monologhi originali alle canzoni. Partendo da un monologo sull’accoglienza, sulla paura dell’estraneo che poi si rivela “semplicemente un uomo che mi ha sorriso”. Tanti i brani affrontati, che ci raccontano lo sguardo lucido e disincantato di uno dei maestri indiscussi del teatro-canzone. Tra questi, “Il corpo stupido”, “Si può”, “Luciano”, “Il dilemma”, ma anche l’esilarante “Pressione bassa”, per arrivare (sul finale) “a un brano poco conosciuto ma che merita davvero, “L’impotenza”. Canzoni tremendamente attuali, che affrontano l’amore anche con disincanto e verità, che parlano di coscienza, di sogni e di bilanci di vita, di quella contraddizione che ci fa giostrare tra “la mania di solitudine e di mondo”.

Nell’intermezzo, Neri ha fatto una battuta: “so che siete abituati a un palco molto più popolato nel mese di febbraio, ma si sta bene anche senza Conti e Amadeus, no? – ha detto ridacchiando – si scherza dai!”

Tornando alla seconda parte, è toccato all’altro genio della musica italiana, Fabrizio De Andrè. “Non e un omaggio, non sono tributi. Li considero come autori ed è giusto che vengano rappresentati in teatro, come Brecht e Pirandello. Sarebbe un peccato perdere questo patrimonio di musica e di testi”. Il primo brano di Faber è stato “Se ti tagliassero a pezzetti” e poi, tra i tanti interpretati, anche due brani in dialetto genovese, la mitica “Creuza de Ma” e “Mégu mégun”. “So che qui siamo a Ponente e non nel genovese, comunque perdonate la mia pronuncia. Se sbaglio mi corrigerete”, ha scherzato citando la celebre frase di Papa Wojtyla.

Tra i brani più energici c’è il folk sardo di “Zirichiltaggia”, “per prepararmi a fare questo devo andare 3 volte a settimana in palestra”, ha scherzato nuovamente.
Poi l’energia di “Don Raffae’” e il cambio di registro con la struggente “Fiume Sand Creek”, con cui Neri ha voluto ricordare le stragi quotidiane delle guerre odierne, mettendole a confronto con il genocidio dei nativi americani. Infine, dopo gli applausi, l’uscita di scena e il bis, il gran finale ha visto “Verranno a chiederti del nostro amore” e, infine, la festa sul ritmo de “Il Pescatore”, su cui Neri ha giocato con il pubblico facendolo cantare a cappella a sorpresa. “Siete al 20 per cento, dai caricatevi di più. Bravi, ora siamo all’87 per cento”. E poi, provando e riprovando, il pubblico ha cantato a squarciagola arrivando al 100×100 “di carica”. Standing ovation e saluti finali di Neri Marcoré, che ha congedato il pubblico con una frase ormai mitica: “Perché Sanremo è Sanremo”.

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