Andor 2: la rivoluzione come scelta quotidiana, non come destino

La seconda stagione di Andor è stata una meraviglia. Non c’è una parola capace di inquadrare meglio la produzione di Disney+, per diversi motivi. In primis ovviamente l’incredibile valore qualitativo della materia narrata. La scrittura magistrale in ogni passaggio. L’estrema cura dei dettagli. E ovviamente il ricchissimo apparato concettuale che viene ulteriormente sviluppato dopo l’eccezionale… Leggi di più »Andor 2: la rivoluzione come scelta quotidiana, non come destino The post Andor 2: la rivoluzione come scelta quotidiana, non come destino appeared first on Hall of Series.

Jun 2, 2025 - 13:05
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Andor 2: la rivoluzione come scelta quotidiana, non come destino

La seconda stagione di Andor è stata una meraviglia. Non c’è una parola capace di inquadrare meglio la produzione di Disney+, per diversi motivi. In primis ovviamente l’incredibile valore qualitativo della materia narrata. La scrittura magistrale in ogni passaggio. L’estrema cura dei dettagli. E ovviamente il ricchissimo apparato concettuale che viene ulteriormente sviluppato dopo l’eccezionale lavoro svolto nella prima stagione (a tal proposito, qui avevamo approfondito il modo di agire della Ribellione e qui quello dell’Impero). Ecco, anche qui sta la meraviglia. Con un’accezione diversa. Di agghiacciante stupore. Perché quello che vediamo in Andor colpisce con una forza inaudita. E ci lascia scioccati. Con quella meraviglia spezzata nello stomaco.

Ci sono ancora la Ribellione e l’Impero al centro di Andor 2. Le due forze dell’universo di Star Wars, sviscerate con una minuzia chirurgica. Il tessuto ideologico-concettuale che tanto ci aveva impressionato nel primo capitolo viene qui ulteriormente approfondito, intessendo trame sempre più connesse con la realtà. E così Andor si fa storia di una rivoluzione quotidiana. Nessun clangore, nessun fragore. Nessuna gloriosa epica. Ma una scelta consapevole, da ribadire ogni giorno, contro tutto il dolore possibile.

Il commovente finale di Andor 2
Credits: Disney+

Il prezzo della rivoluzione

Sin dagli albori Star Wars ha costruito la propria narrazione attorno alla metafora della critica ai regimi totalitari. Sono arcinote le similitudini con il Terzo Reich nei film del franchise – specialmente nei primissimi dove vediamo l’Impero in salute – e Andor ha provato a calcare la mano proprio in questo senso, rendendo estremamente realistica la presa dell’Impero sulla galassia. Per farlo ha dovuto lavorare a fondo sulla caratterizzazione ideologica del regime, andando a spiegare nel dettaglio il funzionamento del suo assetto gerarchico e organizzativo. Da qui il focus sull’importanza della propaganda, la rappresentazione delle prigioni come campi di lavoro e tutti quegli elementi visti nella serie che ricalcano in pieno le strutture e le metodologie naziste.

Come dicevamo, dopo l’ottimo lavoro della prima stagione Andor 2 ha deciso di alzare il tiro. Ci ha mostrato le conseguenze estreme del cinismo dell’Impero e lo ha fatto con un percorso culminato nel maestoso episodio 8 (uno dei migliori in assoluto della storia della televisione per chi scrive, di cui qui potete trovare la recensione). Il genocidio su Ghorman è l’apice di questo lavoro minuzioso volto a raffigurare la faccia spietata dell’Impero. È anche però il contrappeso ideale per parlare della rivoluzione quotidiana raccontata in Andor.

Il genocidio di Ghorman si configura come la rappresentazione del prezzo della resistenza. E allo stesso tempo come la rappresentazione della necessità di resistere. La prova della rivoluzione come fatto fisiologico. In un complesso gioco di specchi, la pesante mano dell’Impero è la leva perfetta per mettere in scena il racconto di una Ribellione quotidiana e personale. Una nuova forma narrativa in Star Wars, estremamente più vicina al sentire collettivo e capace di portare nel racconto una naturalezza mai vista prima.

In Andor 2 la rivoluzione si fa intima e personale

In Andor 2, così come nella prima stagione, siamo molto lontani dalle grandi battaglie e dalle gesta gloriose dei grandi eroi del franchise. Siamo al fianco delle persone comuni. Di chi sceglie di lottare ogni giorno. Siamo in una dimensione che potremmo definire personale e intima. Dove la resistenza è appunto una scelta quotidiana ed è la più difficile delle scelte. Perché come abbiamo visto porta sempre delle conseguenze. Siamo nel mondo di Bix che rinuncia all’amore e priva suo figlio del padre per non togliere Cassian alla Ribellione. Nell’universo di Kleya che uccide il suo mentore Luthen per non farlo cadere nelle mani del nemico.

Siamo davanti a chi si trova ogni giorno a dover scegliere la rivoluzione. A chi paga sempre un prezzo per resistere. Per non farsi fagocitare dal nemico. Per mantenere alta la testa e difendere la propria libertà. Una libertà naturale, fisiologica. Ci vengono in mente le parole del manifesto di Nemik, risuonanti a dovere proprio nell’ultimo episodio di Andor 2. La Ribellione è un fenomeno spontaneo perché la libertà è una forza naturale. Ogni individuo che ogni giorno compie un minimo gesto di resistenza sta alimentando il fuoco della rivoluzione. Ed è così che si forma la Ribellione: non con i grandi eroi, ma con le scelte quotidiane di ogni individuo che non abbassa la testa e decide di lottare.

Questa dimensione serve pure a far identificare maggiormente lo spettatore con la materia narrata. Il genocidio di Ghorman colpisce così tanto proprio perché si crea una vicinanza molto forte tra chi guarda e chi vive quella tragedia. Al di là dell’eccellenza tecnica con cui tutta la vicenda viene costruita e narrata, questa dimensione quotidiana rende ancora più spaventoso tutto ciò che si vede perché, semplicemente, lo fa sembrare molto più naturale e di conseguenza possibile.

Cassian durante il genocidio di Ghorman
Credits: Disney+

La grande novità di Andor 2

Ed è probabilmente, in conclusione, proprio questo il più grande apporto che dà Andor 2. Grazie a questo sguardo quotidiano, la distanza tra la finzione narrativa e il mondo reale si assottiglia. La Ribellione non è più un’impresa destinata a pochi eletti, ma è una scelta quotidiana che tutti possono compiere. Anzi, che tutti devono compiere. Per la prima volta Star Wars riesce a dialogare con la realtà. E sceglie di farlo in modo cupo. Non con quella tanto fiduciosa quanto fittizia speranza teorizzata sin dall’episodio IV. Lo fa con la consapevolezza che resistere è una scelta ardua, ma necessaria. È una deriva naturale, ma che comporta sempre un prezzo.

I benefici di un approccio del genere sono evidenti. Abbiamo parlato sia della naturalezza che del racconto che del coinvolgimento dello spettatore. Tutti risultati eccezionali, conseguenza di un lavoro eccellente che si è dipanato dalla prima alla seconda stagione, consacrando Andor come la migliore serie tv di Star Wars (assieme a Rogue One è probabilmente la migliore trilogia del franchise).

Ma Andor è anche un racconto che trascende il franchise. Lo impreziosisce, ma allo stesso tempo lo stravolge. Lo rivoluziona, gettando uno sguardo del tutto nuovo e fondamentale per arricchire un immaginario che, pur restando sempre affascinante, cominciava ad accusare i segni del tempo. Andor 2 è un nuovo punto d’inizio per Star Wars ed è una serie tv che, appassionati e non, tutti dovrebbero guardare, perché l’analisi concettuale di una resistenza difficilmente è stata così ben sviluppata.

Leggete qui la nostra classifica di tutti i film di Star Wars

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