Tutto quello che High Fidelity aveva ancora da dirci

Avete presente quando state ascoltando una canzone struggente e la rimettete indietro perché la parte che doveva ferirvi non vi ha ferito abbastanza? Beh, potremmo dire che questo è il principio su cui è costruita High Fidelity. High Fidelity è una serie televisiva statunitense tratta dall’omonimo film del 2000 di Stephen Frears, che a sua… Leggi di più »Tutto quello che High Fidelity aveva ancora da dirci The post Tutto quello che High Fidelity aveva ancora da dirci appeared first on Hall of Series.

Jun 1, 2025 - 02:05
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Tutto quello che High Fidelity aveva ancora da dirci

Avete presente quando state ascoltando una canzone struggente e la rimettete indietro perché la parte che doveva ferirvi non vi ha ferito abbastanza? Beh, potremmo dire che questo è il principio su cui è costruita High Fidelity.

High Fidelity è una serie televisiva statunitense tratta dall’omonimo film del 2000 di Stephen Frears, che a sua volta si basa sull’omonimo romanzo del 1995 dello scrittore britannico Nick Hornby. Disponibile sulla piattaforma digitale Hulu dal 14 febbraio 2020, la serie è composta da 10 episodi. High Fidelity si propone come un’evoluzione del film più che del libro.


La nostra protagonista, Robyn Brooks (una divina Zoë Kravitz), giunta alla soglia dei suoi 30 anni vive a Brooklyn ed è proprietaria di un negozio di vinili a Brooklyn. “Mollarsi fa schifo” è sicuramente il suo mantra. Alla fine dell’ennesima tragica relazione, decide di rincontrare i suoi cinque ex più importanti per fare un viaggio nei sentimenti (no, non quello di Temptation Island) e cercare di capire perché venga sempre lasciata. Ad accompagnarla nella sua avventura saranno i suoi due migliori amici Simon e Cherise e le immancabili playlist costruite ad hoc.

Robyn Brooks, interpretata da Zoë Kravitz, in una scena di High Fidelity.
credits: Hulu

“Perché tutti mi lasciano?”, “Perché sono destinata al rifiuto?”. Sono queste le domande che Rob si pone ed è per questo che la sua narrazione è la
rappresentazione di una vera crisi esistenziale. Tutto ciò è rafforzato dallo sguardo in macchina dell’attrice, che rompendo la quarta parete, rende il rapporto con lo spettatore ancora più intimo e immediato.

La punta di diamante della narrazione di High Fidelity è sicuramente la caratterizzazione della protagonista: è un genere di donna poco rappresentata nella serialità, poiché artefice delle sue stesse catastrofi. È una donna autodistruttiva, che vive intensamente tutte le sue sofferenze, specialmente quelle
sentimentali. Decide di ripercorrere i suoi più grandi fallimenti amorosi per riuscire a trovarne la causa, imbarcandosi in un’avventura assolutamente suicida. Ma ne è consapevole. L’arrivo è quello di capire ciò che è successo nella sua ultima relazione, nella più dolorosa, ma anche la più
importante.

Rob è la controparte dell’idea che tutto passa, che il dolore ha una fine, che un giorno si potrà voltare pagina, che non bisogna pensare troppo ai propri errori e colpevolizzarsi. Anzi, lei attraversa quel dolore, decide di buttarsi nel baratro, annega nella sua sofferenza. Probabilmente i Joy Division potrebbero essere la sua colonna sonora perfetta. L’impresa è ardua: vuole conoscere la verità del proprio cuore e di quello degli altri. Zoë Kravitz ha messo molto di lei nel suo personaggio: ha avuto la capacità di mostrare tutte le imperfezioni di una donna che vive a cuore
aperto le sue splendide fragilità, una donna forte, indipendente, ma che soffre la solitudine, una donna reale.
High Fidelity è riuscita a mostrare nuove crepe e nuovi punti di rottura, in una storia già vista, senza snaturare la narrazione e i personaggi dalla loro anima nerd.

Una scena tratta da High Fidelity
credits: Hulu

Naturalmente, uno dei punti di forza della serie è la musica. High Fidelity può contare su una colonna sonora ricchissima ed eclettica: è disseminata di canzoni memorabili e spazia tra i generi e le epoche. Il culto del vinile resta al centro della narrazione, ma si adegua ai tempi e il mixtape diventa una playlist su Spotify. “Fare una playlist è un’arte delicata. È come scrivere una lettera d’amore, ma anche meglio in un certo senso”, è così che la protagonista spiega cos’è per lei la musica. Comporre una playlist è un rito privato e Rob ne diventa la sacerdotessa, poiché utilizza le utilizza per oggettivare le persone ed esorcizzare le difficoltà e le imprevedibilità che la vita le mette davanti. La musica diventa la cerchia sicura in cui rifugiarsi, il modo attraverso cui sublimare le emozioni, è ripetizione che rassicura, è comfort zone, è fedeltà.

High Fidelity è una serie genuina, che racconta le complicate relazioni umane, il coraggio e la consapevolezza che servono per affrontarle. Non ne cela gli errori, anzi, ce li racconta e ci permette di analizzarli per trarne un insegnamento. Il canonico “e vissero felici e contenti” non è contemplato, perché sappiamo bene che la vita è ben lontana dall’essere una fiaba Disney. Non ci sono aggiustamenti o abbellimenti, né strade brevi o semplici: il finale è uno straordinario e sano punto di arrivo, dove i personaggi acquistano finalmente consapevolezza in sé stessi. La protagonista non si adatta alla realtà per come le viene incontro, ma la affronta, perché malgrado tutti i drammi, la vita è degna di essere vissuta così com’è. Tutto ciò è esemplificato in maniera brillante.

È tanto il rammarico legato alla cancellazione della serie, poiché personaggi come Rob sono necessari, ci fanno sentire un po’ più a nostro agio nel mondo e soprattutto con noi stessi. Non possiamo far altro che augurarci vi sia un cambiamento di rotta che porti al rinnovo per una seconda
stagione. Non fatevi scappare questo gioiellino, che purtroppo è una serie di culto per troppe poche persone.

Una cosa è certa: High Fidelity è una storia di contrasti

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