Pastorizia in quota, un mestiere sempre più rosa
Secondo Coldiretti è donna il 30% di chi gestisce aziende agricole dedite all’allevamento. E nella maggior parte dei casi si tratta di scelte personali, non di obblighi L'articolo Pastorizia in quota, un mestiere sempre più rosa proviene da Montagna.TV.

Quasi il 30% di chi gestisce aziende agricole dedite all’allevamento, secondo i dati di Coldiretti dell’anno scorso, è donna. E sono sempre di più sono le donne, specie quelle laureate, che decidono di impegnarsi per avviare una pratica di pastorizia in alta quota. La prima a notare questa rivoluzione nel mondo dei pastori, questo reale cambiamento epocale, fu Anna Kauber, regista e paesaggista, autrice con una particolare predilezione per il mondo rurale e per le tematiche sociali e culturali. Nel 2018 fece uscire il “In questo mondo” (qui il trailer), premiato come miglior documentario italiano al XXXVI Torino Film Festival. Il documentario racconta la vita delle donne pastore in Italia ed è il risultato di una ricerca, un vero e proprio viaggio tra Alpi e Appennini durato più di due anni, con circa 17.000 chilometri percorsi, di cui moltissimi a piedi, e oltre cento interviste a donne pastore, ragazze di vent’anni ma anche una ultracentenaria.
La figura del pastore, nell’immaginario collettivo, è sempre stata associata al genere maschile, ma il settore dell’allevamento ovi-caprino, quello dove ci sono i pastori, dove ci si sposta tra i pascoli, insieme agli animali, sta cambiando e sempre più donne scelgono di svolgere questo lavoro, interpretandolo in modo diverso rispetto alla tradizione. Per le donne la pastorizia non è un semplice lavoro. È una scelta ponderata, autentica, di cura, condivisione con gli animali dell’ambiente. È una scelta per vivere con gli animali, non degli animali. E che segue un istinto a muoversi, spostarsi. A transumare.
Caterina De Boni, pastora e musicista, appare nel documentario di Anna Kauber ma, soprattutto, ha raccontato la sua esperienza di via, da pastora nel libro “A passo di pecora”, pubblicato da Ediciclo editore. Narra le avventure di un anno di vita, con mille pecore, tra le Dolomiti friulane e venete e la pianura bellunese, dove Caterina è nata. Laureata in tecniche erboristiche, il suo libro unisce il diario di un anno da pastora ad un atlante che racconta luoghi e persone, che si insinua, con attenzione, voglia di osservazione, nel territorio, rispettosamente. Narrando una montagna autentica, lontana dai grandi flussi turistici, e luoghi e persone incontrati durante la transumanza. “A passo di pecora è un libro che può essere letto in modi diversi”, racconta. “C’è la storia di un gregge transumante, e quindi si può capire la fatica di condurre un gregge non solo lungo le montagne ma anche tra i paesi, le strade, i boschi. Soprattutto, poi, permette di comprendere cosa significhi cercare ogni giorno un posto per le proprie pecore: 365 giorni all’anno dobbiamo pensare a dove andremo il giorno dopo, a dove finiremo la settimana dopo, e per farlo non siamo indipendenti, ma dobbiamo andare a chiedere i permessi di passaggio ai contadini e studiare le strade. Ma non basta”, aggiunge Caterina. “Nel libro si possono trovare le storie della nostra gente, dal Friuli a Cortina d’Ampezzo, storie straordinarie di persone sconosciute, che vivono in un mondo parallelo a quello moderno, dove siamo tutti connessi. Quello che attraverso con il gregge è un mondo arcaico, fatto di persone che vivono come degli esseri umani, non come delle macchine”, conclude.
È intensa, profonda, anche la storia dell’altoatesina Sandra Hofer. Laureata in economia e commercio, con la conclusione degli studi ha iniziato a viaggiare per il mondo, per lavoro. Ma le radici che la riportavano verso casa, verso il maso di famiglia, gestito dallo zio, erano troppo profonde. E la passione per le pecore troppo intensa. Tanto da scegliere di tornare a casa, di mollare tutto e di vivere in movimento, con un gregge di 150 pecore circa. Sandra è protagonista, di un progetto pilota del consorzio dei bacini montani sud della Provincia di Bolzano, un progetto che prevede il pascolo delle pecore lungo gli argini, per tenere pulito in modo ecologico permettendo a pecore e pastori, soprattutto in primavera e autunno, di muoversi e sostare lungo l’Adige e i suoi affluenti. C’è anche la storia di Carolina Leonardi, laureata in scienze agrarie, che da Pietrasanta, in provincia di Lucca, sale, con le sue pecore massesi, sui pascoli ai piedi delle Apuane, una zona ricchissima di biodiversità. “Un lungo cammino fatto di incontri, di attesa, di saluti, di abbracci”, racconta.
O quella di Pamela Maggioni, da Aviano, a due passi dall’Alpago e delle Dolomiti venete, che racconta la sua vita transumante sul canale YouTube. “La transumanza è un continuo spostamento della famiglia che si crea tra pastore e animale alla ricerca di pascoli freschi. La transumanza è Patrimonio Unesco, quindi parliamo di qualcosa che è parte della nostra cultura, che va valorizzato e andrebbe supportato. Io sono nata da un padre macellaio e una madre che lavorava in ospedale, non era nei loro piani avere una figlia che facesse quest’attività, ma per me è stata una passione irrefrenabile”, spiega. “Da ragazza avevo l’asma, ero allergica a latte, uova, graminacee e polvere e vivevo in una campana di vetro. Poi, finite le superiori, ho scelto di frequentare scienze naturali e lì ho scoperto il mio mondo. E dopo 15 anni ho iniziato la mia carriera di pastore con 10 pecore e un montone”, racconta. “Non potevo fare in modo diverso: la prima volta che ho visto delle capre, che loro sono venute verso di me, circondandomi, dentro di me si è acceso un fuoco. Era come se mi stessero dicendo che quella era la mia vita che dovevo andare con loro. E questo ho fatto, accettando gioie e compromessi”, conclude.
O, infine, come Mariafrancesca Serra, ingegnere edile con un master in costruzioni eco sostenibili, ritornata per passione, per amore verso la sua famiglia e i loro animali, ad Usellus, in provincia di Oristano, ai piedi del Parco naturale regionale del Monte Arci. Oggi Mariafrancesca è allevatrice di ovini, suini e bovini, e leader, da settembre 2023, delle Donne di Coldiretti. “Quello con gli animali è lavoro tradizionalmente considerato maschile, ma che oggi fa parte della nuova sfida sociale per le tante donne che, come me, amano abbattere barriere e pregiudizi. Mi sono allontanata per studiare, per migliorare, ma ho cercato sempre di non staccarmi dalla mia terra che amo in maniera incondizionata”, spiega. Oggi i suoi allevamenti si basano sul rispetto di ogni animale e sull’utilizzo delle risorse naturali, rinnovabili, con l’obiettivo di ottimizzare al meglio l’innovazione e applicazioni di tecnologie avanzate.
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