Intervista a Jacopo Martini: “Vorrei che ‘Canzoni” sia un mondo meraviglioso dove rifugiarsi”
E' uscito il nuovo EP di JACOPO MARTINI dal titolo "CANZONI", pubblicato da Zefiro Records. Ecco la nostra intervista L'articolo Intervista a Jacopo Martini: “Vorrei che ‘Canzoni” sia un mondo meraviglioso dove rifugiarsi” proviene da imusicfun.

E’ uscito il nuovo EP di JACOPO MARTINI dal titolo “CANZONI“, pubblicato da Zefiro Records (etichetta nata da un’idea di Axel Pani in seno a PDU) e Island Records (Universal Music Italia).
Jacopo Martini (classe 1995) è un artista poliedrico, capace di muoversi tra musica, produzione e regia. Dopo il percorso artistico come Jacopo Planet, con esperienze internazionali tra la Francia e gli Stati Uniti e una partecipazione a X Factor Italia, nel 2025 inaugura un nuovo capitolo con il suo vero nome.
Formatosi al Berklee College of Music, Jacopo unisce influenze italiane e internazionali in un linguaggio sonoro personale, dove convivono Gino Paoli e Devendra Banhart, Van Morrison e Randy Newman. Il suo stile mescola eleganza, ironia e uno sguardo sempre sincero sulle cose.
Il titolo del nuovo EP è semplice quanto diretto: “CANZONI“. Perché è proprio di questo che si tratta: canzoni scritte con sincerità, senza sovrastrutture, nel tentativo di restare fedeli a un’urgenza creativa profonda e autentica. Un progetto intimo e artigianale che vive di dettagli sonori caldi e melodie rétro, filtrati da un gusto pop personale e contemporaneo e da una visione elegante e a tratti sensuale.
“Esattamente un anno fa – racconta JACOPO MARTINI – mi sono chiuso in casa a Roma e ho scritto delle “CANZONI” ‘come piacciono a me’. Ad ogni brano che aggiungevo mi dicevo che queste forse sarebbero piaciute soltanto a me. E vabbè. Ho registrato le chitarre, i fiati, i tamburi e la voce in camera da letto negli orari meno trafficati per non avere rumore nelle registrazioni. E poi pian piano, mandando la musica in giro, un po’ per magia, si sono aggiunte delle persone, che hanno capito quello che volevo raccontare“.
Con “CANZONI“, JACOPO MARTINI inaugura un nuovo capitolo artistico sotto il suo vero nome, lasciandosi alle spalle pseudonimi e personaggi. Un debutto vero, fatto con le mani, la voce, e una sensibilità rara: tra il desiderio di dire qualcosa di proprio, e la speranza — quasi sorpresa — che qualcun altro, ascoltando, possa capirlo.
“CANZONI” – TRACKLIST
- Cantare e bere
- Mille bugie
- L’invidia
- Gloria
- Polmonite
- Maremma amara
Intervista a Jacopo Martini
Il titolo “CANZONI” è disarmante nella sua semplicità. Cosa significa per te questo ritorno all’essenziale?
Volevo tornare a scrivere delle canzoni e a focalizzarmi su quello perché è da li che nasce la mia passione per la musica e per l’arte. Quello che è successo nel panorama musicale negli ultimi anni (e che ho fatto anch’io in quanto Jacopo Planet) aveva cominciato a stufarmi e trovo che mi ero un po troppo allontanato dall’essenziale. Ossia queste piccole capsule di storie e sensazioni che sono le canzoni.
Hai detto che queste canzoni le hai scritte “come piacciono a te”. Cosa ti piace davvero in una canzone?
Penso che in questo caso la cosa piu importante era l’emotività che ci ho messo. Volevo creare un viaggetto (per me stesso in primis) e credo di esserci riuscito. Poi le strutture sono molto importanti per me, la semplicità di una canzone mi piace. E infine, mi interessa la sonorità di un brano, il colore. Per fare un esempio il brano Gloria, che è nell’EP, lo vedevo un po come un quadro astratto, potrebbe durare 15 minuti per quanto mi riguarda. È semplice e mi piace per quello.
Il progetto nasce in una stanza a Roma, con registrazioni fatte in camera da letto. Quanto ha contato l’ambiente domestico nella scrittura e nell’intimità del suono?
Ho sempre e soltanto scritto la mia musica in un contesto molto domestico e personale per poi rilavorare in studio. Mi dico sempre che questo ha influito sulla musica e forse rende la cosa piu intima. Mi piacerebbe nel futuro lavorare in altre atmosfere e vedere se nasce una scrittura diversa in me.
Hai lavorato da solo all’inizio, poi hai coinvolto altri collaboratori “per magia”, come dici tu. Chi sono e cosa hanno portato al progetto?
Le prime persone che hanno veramente fatto il passo verso di me sono stati degli amici e poi pian piano si sono aggiunti dei collaboratori e professionisti. Stanno portando progettualità e delle visioni veramente stimolanti per me e per il progetto. Per me è un lusso vedere delle persone che mi danno il loro tempo e si dedicano alla mia musica e al mio lavoro. A prescindere dai ragionamenti business, non è una cosa scontata.
In “CANZONI” convivono raffinatezza retrò, gusto pop e sincerità artigianale. Come hai lavorato sull’equilibrio tra vintage e contemporaneo?
Onestamente, è stato frutto di riflessione negli anni precedenti. Ho un modo di fare e dei gusti che tendono al retrò ma non sono interessato nello ‘scopiazzare’ o a fare la tribute band e comunque vivo con tutta la piu grande quantità di tecnologia e di meme possibile. Detto ciò, quella degli anni 40-50 fino a 70 è una poetica che mi piace molto, con la quale sono cresciuto e a dirla tutta mi manca nel panorama attuale. Il mio lato contemporaneo esce fuori secondo me nelle storie che racconto, e nel linguaggio, che alla fine è il linguaggio mio del quotidiano, con espressioni che mi appartengono e a tratti anche del ‘ital-english’, che purtroppo uso molto spesso.
Le tue influenze vanno da Gino Paoli a Devendra Banhart, da Van Morrison a Randy Newman. Come convivono nella tua musica?
Gino Paoli è la canzone italiana insieme a Mina e Lucio Battisti, e quindi sono per me dei riferimenti ovvi mentre Jack Johnson e poi Devendra sono dei musicisti con i quali sono cresciuto da piccolo, e ho sempre ammirato le loro filosofie di vita e sull’arte (alla fine piuttosto umili e riconoscenti della loro fortuna nel essere tra le poche persone a poter fare questo lavoro). Anche le sonorità acustiche e a volte lo-fi mi piacciono in quello che fanno. Van Morrison invece mi affascina per la spontaneità della voce e la sua poetica, è quasi un essere mitologico. Mentre Randy Newman è un compositore a 360 gradi e super ironico. Lo adoro.
Il brano “Polmonite” ha un titolo crudo, diretto. Come nasce e cosa racconta questa canzone?
Nasce per scherzo a casa di un amica che diceva di avere la polmonite un po preoccupata. Da li ho cominciato a fare ‘po-po-po-polmonite’ *cough-cough*. Mi sono reso conto che mesi dopo era interessante perché mi ricordava l’ipocondria. Gente che si dice e crede malata pur di non affrontare certe situazioni (mi puo capitare). E forse è anche frutto del periodo ossessivo del COVID che abbiamo subito e di cui non parliamo praticamente più. Detta anche amnesia dissociativa.
In “Maremma amara” citi un classico popolare. Che rapporto hai con la tradizione italiana?
Penso che ho un rapporto privilegiato perché essendo cresciuto molto all’estero, ma con un forte legame con l’italie e la toscana ho un filtro che mi permette di apprezzare tanto della cultura e della tradizione italiana senza subirne cosi tanto il peso. Vado fiero della cultura italiana anche se ci sono tante cose che non sopporto e che trovo che siano ancora molto ancorate nel passato (e forse oggi anch’io ironicamente ne sono responsabile un po con questa musica).
Dopo il percorso come Jacopo Planet, ora scegli di firmarti con il tuo vero nome. È una presa di responsabilità o una dichiarazione di libertà?
Penso sia più una presa di responsabilità che poi per carità rende liberi ma in un modo molto calmo, piano piano. Alla fine mi semplifica anche la vita avere il mio vero nome.
“Un debutto vero”, hai scritto. Cosa c’è di diverso rispetto al passato in questo capitolo?
Il mio vero nome. È sia il capolinea che il nuovo percorso. E comunque se prendo uno strumento o se canto esce fuori questa musica qua. Quindi sono io, i guess.
L’uso della voce, della parola, dell’ironia: tutto sembra estremamente calibrato eppure naturale. Come lavori sul testo e sulla scrittura?
Dipende, a volte è tutto molto spontaneo e devo cambiare pochissimo (spesso le melodie arrivano pre-confezionate per esempio), mentre per i testi varia di brano in brano. Per dire Mille bugie l’ho scritta in 30 minuti ma la seconda strofa ci ho messo tre mesi. L’ironia invece penso sia proprio nel mio DNA, per chi mi conosce mi esprimo cosi e penso spesso a idee divertenti o un pò contorte nella mia mente. È un modo di giocare e diformare il mondo per renderlo piu fun, e forse anche un po un modo per proteggersi e rimanere a galla.
Hai vissuto e studiato tra Italia, Francia e Stati Uniti. Quanto ha influenzato questa dimensione internazionale il tuo modo di scrivere canzoni italiane?
Tanto. Mi rendo conto che la mia scelta di rappreaentare il mio lato italiano in questo modo è anche perché questa è l’italianità anche un poʻ cliché è frutto degli anni vissuti vivendo e crescendo all’estero per più di 20 anni. Non per questo non sono onesto nel farlo. Ma questa è la mia esperienza. L’italianità mia la cerco e ricerco ancora – ma questo penso sia cosi per tutti quanti, ciascuno a modo suo.
Il Berklee College of Music è un luogo di eccellenza. Cosa ti ha lasciato musicalmente e umanamente quell’esperienza?
Mi ha aiutato a rendermi conto delle cose in cui sono bravo ma nelle quali non sono disposto a combattere e invece le cose che sono veramente uniche mie e identitarie. Musicalmente mi ha permesso di imparare tantissimo e di confrontarmi con i migliori musicisti che esistono. Poi però bisogna fare il percorso contrario e ritrovare le ragioni per le quali si decide di intraprendere questo percorso, tenendosi però la professionalità e serietà che mi ha dato un posto come Berklee.
Quanto conta, oggi, fare musica fedele a se stessi in un’industria che chiede spesso l’opposto?
Domanda molto interessante. Nel mio caso (che faccio musica da piu di 10 anni) sento che questa volta ho toccato qualcosa di speciale attraverso queste canzoni. E infatti queste canzoni sono fedeli a me stesso. Ma non vuol dire che è necessariamente vero per tutti o che è vero sempre. Di sicuro essere fedeli a se stessi e dirsi la propria verità rende il lavoro piu facile da portare, ma bisogna esser capaci a fare i conti con chi si è veramente (eheh).
Cosa sogni per questo EP? E cosa speri che arrivi a chi lo ascolterà?
Vorrei che questo EP (come la musica che farò uscire dopo) sia un po un mondo “meraviglioso” dove rifugiarsi dove ci si trova un po di poesia e di giocosità (se si dice), insomma di ironia. Sto vedendo che le persone che riescono ad avere la pazienza (perché mi rendo conto che non è per forza roba da cassa dritta super immediata) capisce perché sto facendo questo percorso e mi risponde proprio emotivamente alla musica e questa è una grande soddisfazione per me.
Se dovessi racchiudere tutto “CANZONI” in un solo verso, quale sceglieresti?
“Ci vuole tempo per far le cose fatte bene, fatte bene” in Gloria, oppure, un po più dark ma in Mille bugie: “sei una persona felice, tu? Si faccio finta anch’io”.
L'articolo Intervista a Jacopo Martini: “Vorrei che ‘Canzoni” sia un mondo meraviglioso dove rifugiarsi” proviene da imusicfun.