Tra i ristoranti più belli del mondo c’è anche un monumento gastronomico italiano
16 locali nel mondo hanno conquistato un premio: ecco quali sono i ristoranti più belli del mondo secondo i Prix Versailles 2025

Il Prix Versailles 2025 ha già annunciato gli hotel migliori del nostro pianeta e ora svela quali sono i ristoranti più belli al mondo. Luoghi ricercati nel gusto e nell’estetica che curano il design tanto quanto i menù, perché si sa, l’appetito si stimola a tutto tondo, anche attraverso gli occhi. 16 i ristoranti che ottengono il titolo e tra questi templi del gusto c’è anche un nome italiano.
Gerbou a Dubai
Un invito discreto nella calma di Nad Al Sheba: Gerbou, che in arabo significa “benvenuti nella nostra dimora”, è un omaggio all’architettura degli Emirati. I dettagli raccontano una storia locale: sedute in pelle di cammello, lampade che ricordano squame di pesce, sedie realizzate con alberi di ghaf. Kristina Zanic e Tasmeem Tashkeel hanno disegnato un interno che parla con grazia di tradizione e modernità. La cucina, basata per il 70% su ingredienti locali, segue lo stesso principio: innovare rispettando.
Smoked Room a Dubai
Un corridoio scuro, illuminato da linee di luce, introduce gli ospiti in un mondo misterioso e raffinato. A Dubai, l’Omakase prende forma in un ambiente semicircolare che celebra il fuoco e la fiducia nel cuoco. Astet Studio ha creato un teatro del gusto, dove ogni materiale evoca intensità: mattoni neri, metalli, specchi e maglie dorate. Il dessert si consuma in un angolo più intimo, con pareti giapponesi e un soffitto ligneo che riflette la leggerezza del piatto.
Blackswan a Beijing
All’interno del museo Luo Hong, Blackswan appare come un dipinto tridimensionale ispirato a Gary Hume. Progettato da Chris Shao Studio, si apre su un giardino orientale con lago, alberi scolpiti e cigni, veri e simbolici. L’illuminazione firmata Caroline Sarkozy scende dal soffitto come piume, evocando grazia e silenzio. Ogni dettaglio, dalla monocromia agli arredi fluidi, incornicia la cucina poetica dello chef Vianney Massot.
Ōrtensia a Shanghai
Ōrtensia è il risultato di un incontro culturale tra Giappone, Francia e Cina. Chris Shao Studio orchestra materiali e sensibilità: legno antico, laccature cinesi, piastrelle rustiche, legno scolpito. Il risultato è un rifugio dal tempo, femminile, elegante, che prende il nome dal fiore dell’idrangea, simbolo di equilibrio. A tavola si mixano i gusti francesi e quelli cinesi con un’esperienza gastronomica all’insegna del fusion.
Lobster Club a Palma de Mallorca
Una celebrazione del lifestyle mediterraneo firmata Juan Picornell. Il Lobster Club è attraente come il mare che lo circonda: terrazze panoramiche, bar centrale, piscina a sfioro. Sandra Tarruella ha combinato legno iroko, acciaio lucido e piastrelle smaltate per evocare la spensieratezza di una giornata d’estate.
Bouchon Carême a Helsinki
Un angolo di Lione nel cuore di Helsinki. Il Bouchon Carême reinterpreta il bistrot francese con spirito nordico. Lo studio Fyra ha mantenuto mattoni a vista, colonne in ghisa e grandi finestre che catturano la città. Toni caldi, mobili in legno robusto e una cucina semplice e sincera, firmata Hans Välimäki.
Ladurée Rue Royale a Parigi
La celebre sala da tè parigina omaggia le origini e rinasce nel 2024 con un nuovo allestimento firmato Cordelia de Castellane. Gli interni celebrano l’eleganza del XVIII secolo: saloni intitolati a Napoleone e Chantilly, pareti pastello, tendaggi teatrali e motivi pittorici che sembrano zucchero su pareti.
Ducasse Baccarat a Parigi
Un connubio tra cristallo e haute cuisine. Nell’ex residenza di Marie-Laure de Noailles, ora Maison Baccarat, Alain Ducasse celebra la luce, la materia, la storia. Aliénor Béchu disegna spazi dove legno grezzo e trasparenze si fondono, in un dialogo continuo con opere d’arte e arredi d’autore.
Julie’s a Londra
Un salotto londinese con anima pop a Notting Hill: il Julie’s nato nel 1969 è rinato grazie a Rosanna Bossom e Tara MacBain. Colori vivaci, riferimenti agli anni ’70, un collage visivo che attraversa il tempo. La terrazza esterna è un omaggio alla comunità locale, mentre all’interno regna una teatralità sofisticata.
Shell a Nusa Penida
Shell, affacciato su Diamond Beach, sembra emergere dalla natura stessa. Strutture in bambù, pareti in terra battuta, mobili ricavati da legno giavanese: tutto è pensato per essere parte del paesaggio. Pablo Luna Studio ha trasformato la biomimetica in poesia architettonica. Un guscio che protegge, respira e invita alla contemplazione.
Coro a Orvieto
Dentro una chiesa sconsacrata del XVI secolo, Coro è un sussurro spirituale. L’unico italiano in classifica si trova in Umbria e più precisamente a Orvieto. Giuliano Andrea dell’Uva ha mantenuto le pareti in tufo, la luce naturale, i resti dell’altare. Il risultato è un ambiente sospeso, dove il sacro si mescola all’umano. L’esperienza si compie tra arte contemporanea, piatti umbri e silenzio.
Seven Island a Busan
Sull’isola di Gadeokdo, Seven Island si compone di sette edifici che si affacciano su altrettante isole. MTTB ha creato un percorso visivo che alterna ombra e luce, architettura e paesaggio. I piani bassi evocano il fondale marino, quelli alti la leggerezza della superficie. Una struttura che sembra navigare nel tempo.
Kimyona a Riyadh
Un nascondiglio d’autore; il Kimyona, che in giapponese significa “bizzarro”, è uno speakeasy raffinato firmato Azaz Architects. L’ingresso è una galleria luminosa, ma dietro la porta segreta si apre una stanza oscura, come una camera fotografica. Materiali grezzi, piastrelle antiche, vetri opachi, metallo.
Another Smith a Tha Sai Luat
Una casa sospesa tra passato e presente. Il secondo ristorante della famiglia Smithikorn, specializzata in cucina Thai-Cinese, si sviluppa attorno a un atrio centrale in bambù. Thor Kaichon e TasteSpace hanno creato spazi connessi ma autonomi: sala, caffè e gioielleria. Ogni elemento rimanda alla tradizione, dal sigillo di famiglia rosso al blu delle scaglie di pesce. Un design narrativo, radicato e sorprendente.
Beefbar a New York
Dalle coste del Principato alle strade di Tribeca. Il Beefbar newyorkese è un mosaico di influenze, concepito da Humbert & Poyet. Marmo, legni, ferro, motivi Versailles reinterpretati: ogni elemento parla di Manhattan, ma con anima europea. Le grandi finestre ad arco e i soffitti alti accolgono una clientela eclettica, mentre la carne diventa protagonista in un palco urbano dallo stile impeccabile.
Japón a Miami Beach
Esuberanza nipponica, ma made in Florida. Japón è un’immersione visiva: la gru giapponese appare ovunque, su mosaici, tessuti, carta da parati. Il soffitto dorato e le xilografie antiche convivono con un bar scenografico e un patio tropicale dominato da una pagoda.