Intervista a Pergola: “Il sogno è parte di tutti noi, dobbiamo solo scovarlo dentro e viverlo”
Disponibile in digitale "STREAM!" (Stream Records), il nuovo album dell'eclettico cantautore e compositore PERGOLA. La nostra intervista L'articolo Intervista a Pergola: “Il sogno è parte di tutti noi, dobbiamo solo scovarlo dentro e viverlo” proviene da imusicfun.

Disponibile in digitale “STREAM!” (Stream Records), il nuovo album dell’eclettico cantautore e compositore PERGOLA (https://linktr.ee/streampergola). L’album è anticipato in radio e in digitale dal brano dalle atmosfere oniriche e coinvolgenti, “DOVE IL SOGNO VA“.
Registrato in diversi importanti studi di registrazione, tra cui i prestigiosi Real World Studios fondati da Peter Gabriel, “STREAM!” presenta un originale equilibrio tra sperimentazione e classicismo, abbracciando sonorità provenienti dalla world music, dall’elettronica, dal rock e dal pop.
Attraverso testi profondi e atmosfere suggestive, PERGOLA accompagna l’ascoltatore in un percorso introspettivo che riflette la condizione umana, intrecciando esperienze personali e riflessioni di carattere sociale. I brani affrontano temi come l‘isolamento, il desiderio di evasione e i conflitti interiori, dando voce alla figura del sognatore, in cui è facile riconoscersi.
Il progetto discografico vanta collaborazioni con artisti e produttori di fama mondiale del calibro di Simon Phillips, Lenny Castro, Chris Hughes, Tony Franklin, Ted Jensen e altri.
Questa la tracklist di “STREAM!“:
1.”Stream
2. “Dove il Sogno Va“
3. “Un Lungo Addio“
4. “Strade Perdute“
5.”Oltrefrontiera“
6. “Via da Me“
7. “Terra di Utopia“
8. “Nell’Attimo della Realtà”
9. “Io Qui”
10. “A Presto“
Intervista a Pergola
1. Pergola, “Dove il sogno va” è un brano carico di simbolismo. Qual è la scintilla iniziale che ha dato vita a questa canzone?
Ero in un vecchio cottage del Wiltshire, dove sono situati i Real World Studios. Stavamo lavorando in quei giorni alla produzione di “Dove il sogno va” con Chris Hughes ed altri collaboratori. Serviva urgentemente il testo della canzone, in modo da registrare le voci il prima possibile visto che era l’ultima giornata di lavoro. Così mi svegliai la mattina di buon’ora, mi affacciai sulla campagna inglese e il testo emerse in poco tempo.
2. Parli del sogno come metafora della vita. Dove pensi vada davvero il sogno? E che significato ha oggi per te?
Il sogno è parte di tutti noi, dobbiamo solo scovarlo dentro e viverlo. Sognare credo sia collegato in modo molto forte alla musica: entrambi hanno la capacità di portarti in luoghi sconosciuti, sono il biglietto per partire verso qualsiasi destinazione.
3. Il videoclip sembra un vero e proprio cortometraggio. Come è nato il concept visivo e che rapporto hai con l’immagine nella tua musica?
Con Angelo Giordano lavoriamo ormai da tanti anni assieme. Oltre all’intenso rapporto di amicizia che ci lega dalla nascita, c’è una grandissima condivisione artistica. Per questo brano non volevamo fare il solito videoclip, ma andare controcorrente ponendo al centro il gesto artistico nella sua purezza, cercando di creare un’opera che potesse magari rimanere nel tempo. I videoclip sono uno strumento potentissimo, anche se oggi sembrano fagocitati dalla potenza e dal dominio dello streaming. Personalmente ritengo sia fondamentale creare delle opere audiovisive di qualità per dare maggiore lustro alla musica stessa.
4. C’è una tensione forte nel brano tra desiderio e realtà. Quanto questa dialettica rispecchia la tua esperienza personale?
A pieno. Il desiderio si scontra con una realtà spesso deludente, quindi è un continuo contrasto fra sogno e realtà, ma almeno nella musica e nell’arte facciamo coincidere questi mondi apparentemente lontani per esplorare dei luoghi mai visitati.
5. Il titolo “STREAM!” è immediato ma ricco di possibili letture. Cosa rappresenta per te questo flusso?
La globalità e la contaminazione che ha questo lavoro. Il flusso è questo, l’unione di tanti stili con un comune denominatore: la voglia di sperimentare e di raccontare una storia.
6. L’album fonde elettronica, world music, rock e cantautorato. Come hai lavorato per mantenere coerenza in una tale varietà di suoni?
Studiando tanti album nel minimo dettaglio, sia musicale che tecnico. Il disco nasce proprio con lo spirito di fondere generi. Sul piano tecnico è sicuramente una sfida complessa. Già in fase di registrazione siamo stati molto attenti alle sonorità dei vari strumenti; un ruolo chiave in questa materia l’ha avuto il sound engineer dell’album, nonché collaboratore stretto, Marco Ruggiero. Con lui abbiamo tracciato l’idea di mix che abbiamo poi finalizzato con Massimo Aluzzi. Per coronare infine questa unità nel sound, c’è stato Ted Jensen di Sterling Sound con il suo master potente e dinamico.
7. I testi sono introspettivi ma anche sociali. Quale canzone ti è più “costata” scrivere dal punto di vista emotivo?
“Un lungo addio”. Era maggio del 2024, mancava solo il testo, l’ultimo del disco. Non sono affatto bravo a scrivere canzoni più sentimentali, ma qui dovevo scendere in profondità. Per farlo, mi sono fatto ispirare dal fumetto “Il lungo addio” di Dylan Dog (del quale sono un fan e cultore), proprio per dare alle parole una forza evocativa onirica. Il brano è coronato poi dal duetto con Eleonora Minichiello, un’amica e un artista speciale dal grandissimo talento e dalla grande energia. Personalmente ritengo questo brano il momento di magia dell’album.
8. “Nell’Attimo della Realtà” o “Terra di Utopia”: quanto contano per te questi titoli? Sembrano contenere visioni molto diverse della vita.
Molto. Sono canzoni di denuncia, in particolar modo “Nell’attimo della realtà” che è un brano contro le ingiustizie, i prepotenti, una canzone che si pone delle domande senza risposta. “Terra di utopia” parla della voglia di fuga verso un posto ideale, senza conflitti, senza disunioni.
9. Registrare ai Real World Studios di Peter Gabriel è un’esperienza unica. Che atmosfera hai respirato in quel luogo così iconico?
Ho respirato un’aria nuova e compreso una metodologia molto internazionale, che pone il lavoro d’insieme al centro del processo costruttivo e questa è una cosa che mi sono poi portato negli anni successivi per la produzione dell’intero album. Ai Real World abbiamo registrato “Dove il sogno va” e “A presto” nel novembre del 2021, quando ancora non avevo una chiara idea su un possibile disco.
10. Hai lavorato con nomi del calibro di Chris Hughes, Simon Phillips, Ted Jensen. Cosa hai imparato da queste collaborazioni internazionali?
Da Chris Hughes ho compreso al meglio il ruolo del produttore e di quanto sia importante avere uno sguardo ampio non solo sulla musica e sulla produzione in generale, ma anche l’approccio umano con i collaboratori e musicisti, come metterli a proprio agio e capire al meglio il loro spirito, dandogli libertà espressiva e, al contempo, porre dei piccoli paletti per non farli uscire fuori contesto. Con Simon Phillips c’è stato un approccio molto amichevole e professionale, su “Strade Perdute” ha creato un groove identificabile, complesso ma estremamente musicale. C’è stata poi anche l’occasione di incontrarci al Blue Note di Milano per il concerto della sua band, i Protocol. Per l’occasione gli portai anche una bottiglia di Greco di Tufo! Con Ted Jensen abbiamo chiuso definitivamente il lavoro in mastering, un grandissimo ingegnere e una persona di notevole spessore. Poi ci sono stati anche Tony Franklin, Lenny Castro, Chicco Gussoni, Ged Lynch, Alessandro Tomei e molti altri, tutti grandi persone e artisti.
11. Pergola, quanto è stato difficile, o stimolante, tenere insieme il tuo sguardo artistico con una produzione così “globale”?
Sul piano tecnico è stata una sfida interessante, ma è stato un percorso estremamente naturale. Ho voluto mettere tutte le mie influenze musicali in questo progetto, dal blues/rock, il mio primo fuoco musicale, alla canzone più intima e introspettiva. La vera sfida era creare proprio questo flusso di note e di pensieri, esattamente quello che è lo Stream.
12. Dal clubbing a una scrittura intima e contaminata. Cosa ti ha portato a lasciare i palchi dei club per questa nuova direzione?
La voglia di inseguire i miei miti, di avvicinarmi nel mio piccolo al loro vissuto artistico. Compresi che la strada del clubbing non faceva per me, nonostante sia stato un percorso importante. Ho sempre fatto il musicista, la mia priorità è sempre stata quella di comporre, di scrivere e di arrangiare. Era un cambio assolutamente necessario, proprio a livello personale. La mia vita privata ed artistica ora coincidono, avevo bisogno di dare una svolta totale.
13. Hai esordito con una rivisitazione elettronica di Neil Young. Oggi come dialogano dentro di te l’elettronica e la canzone d’autore?
Il percorso nell’elettronica è stato fondamentale nell’approccio alla programmazione e all’utilizzo di strumenti come sintetizzatori, drum machine, effetti rack e molto altro. Questo bagaglio si è rivelato fondamentale nella produzione dell’album, nel quale c’è molto di tutto ciò. Con la versione di Rockin’In The Free World volevo far vivere due lati di me, quello rock e quello elettronico dell’epoca. Avevo 16 anni.
14. Pensi che questo tuo nuovo volto musicale sia una tappa o un punto di arrivo?
Non si arriva mai a destinazione. Si è sempre in viaggio verso qualcosa di nuovo, ma questo lavoro ha la forma di quello che sarà a grandi linee il futuro. Ho finalmente trovato il mio mondo artistico, era quello che sognavo, a prescindere da quelli che saranno dei possibili risultati. Era la cosa che volevo di più per me, adesso bisogna continuare a lavorare e a seguire questa linea.
15. La figura del sognatore è centrale nel tuo lavoro. Chi è oggi, secondo te, il sognatore moderno?
Il sognatore è quello che si oppone alle ingiustizie, che va contro i mali della società, che vuole ambire ad un mondo nuovo. Sono quelle persone che mettono da parte il proprio ego per pensare all’insieme delle cose. Il sognatore è dentro di noi, va solo scovato e liberato.
16. La musica può ancora essere un mezzo per dire qualcosa di autentico in un mondo così rumoroso?
Bono Vox dice che la musica può cambiare il mondo perché può cambiare le persone. Niente di più vero, anche se sembra che ce ne stiamo dimenticando. Si sta dando all’arte e alla musica in particolare una funzione consumistica, inseguendo un ideale di velocità e di liquidità che non lascia durare le opere nel tempo, sacrificando ormai la qualità e il contenuto per la quantità. Proprio di questi tempi invece, anche nel piccolo, dobbiamo scuotere le coscienze, mettere dei tarli in testa alle persone, porre domande, raccontare storie.
17. Cosa sogni per “STREAM!”? Qual è la reazione che speri di suscitare in chi ascolta questo tuo lavoro?
Vorrei che gli ascoltatori si possano emozionare, fermarsi a riflettere anche su determinati temi, facendosi trascinare dalla musica stessa.
18. Hai già in mente nuove direzioni artistiche o per ora vuoi restare in ascolto di ciò che questo disco ti restituirà?
Entrambe. Abbiamo tracciato una strada nuova nel mio percorso, spero solida e ben scorrevole. Qualcosa di nuovo c’è già, ma è ancora presto per iniziare a lavorarci su. Adesso voglio dedicarmi a pieno sul progetto di “Stream”!
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