Dai, basta: avrebbe senso un lungo stop per rilanciare (davvero) Doctor Who

Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sulla quindicesima stagione di Doctor Who (o la seconda, se preferite). Il dado è tratto. Dopo mesi di speculazioni che parevano più o meno assurde e di rumors ai quali molti non avevano creduto, è successo davvero. Il quindicesimo finale stagione della nuova era di… Leggi di più »Dai, basta: avrebbe senso un lungo stop per rilanciare (davvero) Doctor Who The post Dai, basta: avrebbe senso un lungo stop per rilanciare (davvero) Doctor Who appeared first on Hall of Series.

Jun 5, 2025 - 11:05
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Dai, basta: avrebbe senso un lungo stop per rilanciare (davvero) Doctor Who

Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sulla quindicesima stagione di Doctor Who (o la seconda, se preferite).

Il dado è tratto. Dopo mesi di speculazioni che parevano più o meno assurde e di rumors ai quali molti non avevano creduto, è successo davvero. Il quindicesimo finale stagione della nuova era di Doctor Who segna la fine del breve percorso di Ncuti Gatwa, rigeneratosi al termine della puntata in circostanze quantomeno fragili, e l’inizio di una fase ancora più instabile per uno dei franchise più importanti del panorama televisivo. Arrivata al ventesimo anno dell’era moderna – e al sessantaduesimo della sua lunghissima storia – Doctor Who è di fronte a un bivio: è ancora il caso di andare avanti così?

Chi vi sta scrivendo lo chiarisce subito, senza dubbi e con la piena consapevolezza del fatto che molti di voi non saranno d’accordo: la stagione appena conclusa è stata una delle migliori degli ultimi anni. Il finale è quello che è – ci torneremo tra pochissimo – ma la seconda annata della nuova gestione Davies si è contraddistinta per alcuni episodi eccezionali – il secondo e il quarto, su tutti – un’ottima introduzione della nuova companion, Belinda, e un Dottore che ha mostrato a tratti la straripante personalità di uno degli attori più talentuosi attualmente in circolazione.

Era scontato? No, affatto: sono innegabili le criticità che avevano contraddistinto il breve interregno di Chibnall – anche qua, ci torneremo – e Doctor Who cercava da tempo di tornare sui livelli che competono a una serie del genere.

Obiettivo centrato? Parere soggettivo: sì, eccome. La quindicesima stagione ha rievocato i fasti dei migliori tempi, soprattutto se si pensa alle annate con David Tennant e Matt Smith. Davies ha confermato ancora una volta di essere uno straordinario autore: ha saputo combinare registri, toni e temi, scavando audacemente nell’attualità con un occhio sempre rivolto a una mitologia vasta e complessa.

Insomma, ci sarebbe di che essere soddisfatti, da ogni punto di vista. Però… ci sono un’infinità di però.

Il finale di stagione, innanzitutto. Ben costruito nelle premesse fin dalla stagione scorsa, si è poi persa con una risoluzione semplicistica e frettolosa del conflitto tra il Dottore e la Rani – stortura storica dei season finale di Doctor Who – e una ridefinizione del personaggio di Belinda che ne ha svilito le peculiarità. Soprattutto: una fulminea precipitazione degli eventi ha portato il Quindicesimo Dottore a rigenerarsi da un momento all’altro. Oltretutto, in una versione speculare dalla storica companion Rose Tyler. Sarà interessante capire cosa diavolo voglia dire, anche perché non è affatto certo che possa essere Billie Piper l’interprete del prossimo Dottore.

Sì, quindi: la trama non presenta buchi ed è in linea col canon – dopo la confusione creata da Chibnall, anche questo non era scontato – ma è senz’altro un finale che lascia l’amaro in bocca per vari motivi. Uno, su tutti: ha portato all’addio di un Dottore che aveva ancora moltissimo da dare. Un Dottore del quale sono state sfruttate le potenzialità solo in minima parte.

I problemi del caotico e folle finale di stagione di Doctor Who sono allora la punta dell’iceberg di un problema molto più importante.

Il problema dei problemi, in realtà. Doctor Who deve andare avanti come se nulla fosse, dopo aver visto quello che abbiamo visto? Perché è chiaro: la crisi che stiamo per evocare trova nel season finale la sua conseguenza, non certo una causa. Ed è arrivato il momento di farsi una domanda molto dolorosa. Una domanda che in fondo non è altro che un atto d’amore estremo per una serie tv eccezionale: è il caso di fermarsi qui, almeno per ora? Prima di rispondere, giustifichiamo questo dubbio.

La crisi di Doctor Who

Doctor Who ancora in bilico?
Credits: BBC

Visto che finora ci siamo avventurati in un terreno di pareri soggettivi e di prospettive parziali, bilanciamo la questione con i numeri che ha portato a casa sulla BBC. Almeno quelli, non si discutono. E quindi: la quindicesima stagione di Doctor Who ha portato a casa dei numeri non in linea con le aspettative. Numeri insoddisfacenti, senz’altro. Rispetto alla stagione precedente, gli ascolti sono calati di circa il 20% nei dati consolidati a sette giorni. Ancora più netto il confronto con l’ultima stagione di Jodie Whittaker, da cui emerge un calo del 37%, e addirittura del 57% rispetto agli speciali del 2023 con David Tennant. In numeri assoluti, la media degli ascolti a sette giorni della stagione appena conclusa si aggira intorno ai 3,1 milioni di spettatori, mentre alcuni episodi non hanno superato nemmeno i 2 milioni in diretta.

Un crollo storico, se si pensa che lo splendido Lucky Day ha registrato appena 1,5 milioni di spettatori overnight: è il dato più basso di sempre per un episodio della serie. In compenso, Doctor Who continua a ottenere buone performance su BBC iPlayer e a mantenere un seguito solido tra gli under 35, ma è evidente che l’entusiasmo generalizzato attorno alla nuova era si sia drasticamente affievolito. E questo, al di là dei giudizi soggettivi, è un fatto. Le giustificazioni ci sarebbero: si connettono a una fisiologica flessione dei dati assoluti della tv lineare e dell’offerta massiva dell’on demand che sta frazionando sempre più l’audience globale. È chiaro, però, che Doctor Who non stia attraversando una fase granché brillante.

Fin qui, i numeri. E dobbiamo fermarci alla BBC, visto che Disney+, distributrice della serie in Italia – e non solo – non ha messo a disposizione i dati.

L’impressione, però, è che il trend sia simile. Nel momento in cui vi scriviamo, Doctor Who non compare nella top ten dei contenuti più visti sulla piattaforma nel nostro Paese. Non significa granché, ma sarebbe stato legittimo aspettarsela lì a pochi giorni dalla messa in onda di un finale di stagione dall’importanza capitale.

La serie è in crisi, quindi. Ma i numeri raccontano solo parte della verità a riguardo. Perché a questi si aggiungono le polemiche infinite che hanno accompagnato la serie negli ultimi anni. Polemiche comprensibili, al di là dei pareri: parte del fandom ritiene che la serie non sia più qualitativamente rilevante come un tempo, e ci sta. È parte di un confronto sano e normale che deve accompagnare una serie del genere. Davies si è assunto nel tempo delle responsabilità importanti e i gusti non si discutono: al massimo, si cerca di capirli.

Tuttavia, molte delle critiche avanzate da una sezione ristretta – ma rumorosa – dei fan sono pretestuose, strumentali e politicizzate.

Perché possiamo girarci intorno quanto vogliamo, ma accusare Doctor Who di essere “woke” è quantomeno bizzarro. Parliamo di una serie che ha fatto dell’inclusività uno dei suoi cardini esistenziali, fin dalle origini. Si entra quindi in un terreno nel quale certe polemiche sono aprioristiche e polarizzanti. Polarizzante come è stata la serie stessa nel corso di questa stagione, nel quale l’impronta progressista e antireazionaria si è accentuata come non mai. In tal senso, suona piuttosto strana l’idea di chiedere a una serie di essere altro rispetto alla sua natura, ma tant’è: i tempi sono quelli che sono.

Resta, però, l’evidenza della situazione. Doctor Who, pur essendo apprezzata dalla critica e da parte del pubblico, non ha in questo momento la capacità di catalizzare l’attenzione del pubblico di massa, subendo inoltre continui attacchi che spesso hanno poco a che vedere con la bontà del progetto attuale. Il problema non sono le puntate, la scrittura di Davies o le interpretazioni di Gatwa: sono altrove, in gran parte. E a questo punto, si torna alla domanda di prima: potrebbe essere una buona idea fermarsi, almeno per un po’?

Una lunga pausa e poi…

Una delle serie tv più inclusive di sempre: Doctor Who
Credits: BBC

Si era già parlato di questa possibilità alcuni mesi fa. Secondo alcune voci non confermate, si era infatti ipotizzato che Ncuti Gatwa potesse lasciare la serie. Soprattutto, che Doctor Who si sarebbe fermata per un periodo molto lungo, arrivando addirittura a una pausa di cinque anni. Nelle settimane successive, un insider chiamato fittiziamente “Andrew” aveva riportato molte indiscrezioni che sembravano essere più o meno credibili e che poi si sono rivelate vicine alla realtà. Dalla rigenerazione del Quindicesimo Dottore al ritorno di Susan e della Rani, passando per l’incredibile ritorno di Billie Piper – storica interprete di Rose Tyler – molti di questi sussurri si sono rivelati fondati.

È doveroso, allora, riportarne un altro, già segnalato da noi in una news di alcuni giorni fa. Si parla, in particolare, delle motivazioni che avrebbero portato all’addio di Gatwa: “Ha deciso di abbandonare la nave quando è diventato chiaro che la Disney non avrebbe rinnovato a breveNon voleva rimanere legato a Doctor Who in un momento in cui la produzione della terza stagione, se mai ci sarà, è ancora ben lontana dall’essere confermata“, spiega “Andrew”. “Per questo motivo, hanno girato la sua rigenerazione all’inizio dell’anno. Se la prima stagione di Ncuti fosse stata un successo di ascolti, la Disney lo avrebbe blindato per la terza stagione molto prima“.

Ripetiamo ancora, onde evitare fraintendimenti: è una notizia non confermata. Una voce di corridoio. Un’ipotesi, per quanto ne sappiamo.

Le uniche certezze sono che Gatwa abbia parlato della conclusione naturale del suo ciclo da Dottore e che la Disney, fino a prova contraria, sia ancora coinvolta nel progetto. Ma se le indiscrezioni fossero vere? Se la Disney chiudesse la collaborazione con la BBC, i budget previsti per la serie si ridurrebbero – niente di nuovo, in realtà – e la serie si troverebbe a un bivio: rigenerarsi o fermarsi?

Ci sbilanciamo: in questo momento, è più probabile che Doctor Who possa andare avanti a prescindere dalla veridicità o meno di questi passaggi. La nuova stagione, unita a un nuovo Dottore – chissà chi, se non Billie Piper – potrebbe però vedere la luce dopo un ciclo più o meno lungo di episodi speciali, come era già successo con l’intermezzo di Tennant tra il Tredicesimo Dottore e il Quindicesimo. Cinque anni potrebbero sembrare troppi, ma sarebbero necessari. Visto che la qualità non basta e le polemiche non finiscono mai, ledendo peraltro la fiducia instaurata tra la serie e i suoi fan, una lunga rincorsa per poi avventurarsi in terreni inediti con un entusiasmo rinnovato potrebbe fare un gran bene a Doctor Who, sofferente da tempo.

Oppure… boh. Doctor… Boh. Solo il tempo saprà dare le risposte del caso. In ogni caso, abbiamo a che fare con una serie che è di per sé un atto di fede, nonché un atto d’amore nei confronti di un’umanità che non sempre sa ripagare il Dottore con la stessa moneta. Vogliamo essere fiduciosi: Doctor Who ha mille vite e sa sempre risorgere dalle ceneri. L’ha fatto dopo una pausa ultradecennale e lo farà anche stavolta, tra chissà quanto. Data la relatività del tempo e dello spazio, il punto finale è una luce pressoché invisibile tra le stelle.

Antonio Casu

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