Promossi o bocciati? Compiono 30 anni i parchi della Maiella e del Gran Sasso

Nel 1995  furono istituiti  due dei Parchi più belli dell’Appennino e d’Italia. Tentiamo un bilancio settore per settore: fauna, flora, ecosviluppo, sentieri L'articolo Promossi o bocciati? Compiono 30 anni i parchi della Maiella e del Gran Sasso proviene da Montagna.TV.

Jun 6, 2025 - 03:40
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Promossi o bocciati? Compiono 30 anni i parchi della Maiella e del Gran Sasso

Il 5 giugno del 1995, a Roma fa caldo. Al Quirinale siede Oscar Luigi Scalfaro, a Palazzo Chigi c’è Lamberto Dini. La politica si concentra sulle voci che parlano del ritiro di Silvio Berlusconi dalla politica, e sulla campagna per i referendum sulla RAI, in programma per domenica 11. Ma il 5 giugno del 1995 è un giorno importante per l’ambiente italiano. Tre anni e mezzo dopo la legge-quadro sulle aree protette (la n. 391 del 1991), che ha varato la tutela provvisoria di molte aree, una serie di decreti firmati da Scalfaro istituisce i Parchi nazionali del Vesuvio, del Gargano, del Gran Sasso e Monti della Laga e della Maiella. 

E’ una giornata importante per la Campania, per la Puglia e soprattutto per l’Abruzzo, dove nascono due aree straordinarie. Sulla Laga, va detto, il Parco tutela pezzetti del Lazio e delle Marche. Il suo cuore, però, batte tra L’Aquila, Teramo e Pescara. 

Subito respinta la minaccia di nuove piste da sci

Per raccontare la storia dei Parchi nati nel 1995, e per tentare un giudizio sui loro trent’anni, è utile ricordare quello che c’era prima. Tra gli anni Settanta e Ottanta, dopo decenni di spopolamento e abbandono, i massicci principali dell’Appennino erano minacciati da progetti di impianti di risalita e di piste.
Sul Gran Sasso si sarebbe dovuto sbancare, costruire e sciare a Campo Pericoli e al Venacquaro, sulla Maiella sui pendii di Monte Focalone, sulla Laga tra il Bosco Martese e la Cavata, nel versante teramano, e sul Monte Cardito di Amatrice.
A fermare questi interventi, per la prima volta in Italia, era stata la mobilitazione di CAI, WWF, Italia Nostra e Legambiente, poi affiancate da Mountain Wilderness. Manifestazioni ambientaliste si erano svolte a Campo Pericoli e ai Prati di Tivo sul Gran Sasso, a Frontignano sui Sibillini e sulla Laga.    
Nel 1982, il Bollettino della sezione dell’Aquila del CAI aveva diffuso gli appelli per salvare il Gran Sasso lanciati da politici abruzzesi e nazionali, da alpinisti come Reinhold Messner e Walter Bonatti, da uomini e donne di cultura come Gigi Proietti, Vittorio Gassmann, Dacia Maraini e Alberto Moravia. Migliaia di escursionisti e alpinisti avevano detto “no” alla speculazione. 

Una volta bloccati i cantieri, l’attenzione si era concentrata sul dibattito parlamentare sulla legge-quadro. Intanto la situazione aveva iniziato a cambiare. Il camoscio, dal Parco d’Abruzzo, era stato riportato nel 1990 sulla Maiella e nel 1992 sul Gran Sasso. 

Migliaia di persone, spesso appassionate di sentieri e pareti, aspettavano i Parchi. Dopo i decreti di giugno, molte sono rimaste deluse, perché i primi provvedimenti, dalla chiusura di strade utili per raggiungere i sentieri alle denunce e alle multe per chi aveva piazzato una tenda sembravano colpire proprio gli appassionati di natura.
Negli anni, naturalmente, la situazione è cambiata. I Parchi della Maiella e Gran Sasso-Laga, una volta consolidati dal punto di vista burocratico, hanno messo in campo decine di progetti, e sono spesso riusciti a incidere sul territorio. 

Non tutto il possibile è stato fatto, ovviamente. A difesa dei due Enti Parco va detto che, negli anni, i fondi messi a disposizione dello Stato sono diminuiti non poco. Sul territorio del Gran Sasso e della Laga hanno influito il terremoto dell’Aquila nel 2009, e quelli di Amatrice, dei Sibillini e di Campotosto del 2016-‘17.


30 anni: tempo di (primi) bilanci

Tentiamo un bilancio, settore per settore. Per la fauna è certamente positivo. Il camoscio si è moltiplicato in entrambe le aree protette, e lo stesso hanno fatto il cervo e il capriolo. Qualche orso dal PNALM è tornato sulla Maiella, mentre sulla Laga e sul Gran Sasso si è affacciato solo in maniera sporadica. 

Un giudizio analogo vale per la flora protetta, nonostante il calpestìo incontrollato intorno ai sentieri dei rifugi Duca degli Abruzzi e Franchetti. Nessuno coglie le rare stelle alpine appenniniche, le strutture scientifiche dei parchi (Lama dei Peligni, Barisciano…) hanno un ruolo d’avanguardia. E’ mancato più volte il controllo, invece, sul turismo “selvaggio” che ha distrutto i crochi del Lago di Pietranzoni quest’anno, e ha causato un grave incendio a Fonte Vetica nel 2017. 

Se si bada agli impianti di risalita, al centro dell’attenzione prima della nascita dei Parchi, il giudizio è meno positivo. Smontare gli impianti obsoleti è complicato, e forse il Parco dei Sibillini riuscirà a farlo quest’anno sul Monte Bove. Non si è mai parlato, finora, di eliminare i piloni e gli edifici abbandonati della Tavola Rotonda (Maiella) e di Prato Selva e della Fossa di Paganica (Gran Sasso). 

Nel 2008, quando la seggiovia dei Prati di Tivo è stata sostituita da un impianto faraonico, e che per questo è andato subito in crisi, il Parco Gran Sasso-Laga non ha premuto per realizzare un impianto più adatto al territorio. Destano preoccupazione i progetti per nuovi impianti sulla Maielletta e sulla Scindarella finora non avversati dai Parchi. 

Per quanto riguarda borghi, lavoro e cultura, il Parco della Maiella merita un applauso per la realizzazione del Geoparco e il restauro della Badia Morronese, che oggi ospita l’ente. Ottimi gli interventi del Gran Sasso-Laga per rilanciare la lavorazione della lana a Campo Imperatore e il restauro del Convento di San Francesco ad Assergi. La vicina Grotta a Male però, esplorata nel 1573, è un desolante ammasso di ferraglia arrugginita. 

Per l’ecoturismo e i borghi, però, il bilancio è a macchia di leopardo. Anche grazie alle bici dell’Eroica e al Cammino del Gran Sasso, funzionano Calascio, Santo Stefano di Sessanio e Castel del Monte. Sulla Maiella, Caramanico, Roccamorice e Abbateggio hanno un ruolo d’eccellenza, con l’aiuto del Cammino di Celestino. Tra i borghi dove il Parco Gran Sasso-Laga non ha portato sviluppo è Pietracamela, la “porta” dei due Corni. Anche a Castelli, il paese della ceramica, la situazione potrebbe essere migliore.    

La ferrata del bivacco Bafile (Gran Sasso), foto SA

Sentieri e rifugi: bene, ma non benissimo

In materia di sentieri, il Parco della Maiella ha lavorato bene, creando una rete di percorsi ben segnati. Il Gran Sasso-Laga, invece, ha fatto un lavoro straordinario nel 2007 riattrezzando le ferrate, ma contiene vaste zone dove la segnaletica dei sentieri è carente. 

Se si bada ai rifugi, fino a oggi, i voti sono rovesciati. Al Gran Sasso si è lavorato bene al Franchetti, al Duca degli Abruzzi, al San Nicola e a Cima Alta, sulla Maiella ci si è dati da fare al bivacco Pelino, ma pesano la chiusura del rifugio Pomilio e i mancati interventi sul Manzini sono dati negativi.
Sorprende l’esistenza di bivacchi come il Desiati e il Fusco, ristrutturati con fondi pubblici e quasi inutilizzabili per mancanza di materassi e coperte. Vedremo a breve se i parchi, insieme al CAI e ai comuni, riusciranno a gestire bene e il rilancio del Garibaldi, del bivacco Bafile e delle strutture già finanziate dalla Regione Abruzzo.    

Infine, i percorsi attrezzati. Il Parco della Maiella, un anno fa, ha reso sicuro il “sentiero basso” delle Murelle. Il Gran Sasso-Laga, dopo gli interventi sulle ferrate, ha iniziato a metter mano al Sentiero del Centenario, ma si è fermato quasi subito. Nel 2024, le cattive condizioni dei brevi tratti attrezzati del Sentiero ha spinto quattro Comuni a vietare il transito degli escursionisti. Gli unici a fermarsi, a quel che sembra, sono stati gli accompagnatori CAI e le guide alpine, cioè i veri portatori di sicurezza. 

Nello scorso inverno, il Parco Gran Sasso-Laga ha accolto tra i suoi “ambasciatori” Hervé Barmasse. Una scelta giusta, perché la prima traversata invernale completa del massiccio, insieme alla forza mediatica di Hervé, sono state una spinta per il Gran Sasso. Sul Centenario, però, la celebre guida del Cervino ha infranto i divieti dei Comuni. Se il Parco, com’è giusto, premia Barmasse, dovrebbe anche rendere percorribile e sicuro il Centenario, che resta uno dei suoi percorsi più belli.       

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