Stick – La Recensione delle prime tre puntate della nuova serie sportiva firmata Apple TV+
Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler delle prime tre puntate della nuova serie Stick in onda su Apple TV+. “C’è un istante, quando sei su un campo da golf e il sole è all’altezza giusta nel cielo, in cui, se sfochi la vista, cielo e terra si incontrano. E il mondo,… Leggi di più »Stick – La Recensione delle prime tre puntate della nuova serie sportiva firmata Apple TV+ The post Stick – La Recensione delle prime tre puntate della nuova serie sportiva firmata Apple TV+ appeared first on Hall of Series.

Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler delle prime tre puntate della nuova serie Stick in onda su Apple TV+.
“C’è un istante, quando sei su un campo da golf e il sole è all’altezza giusta nel cielo, in cui, se sfochi la vista, cielo e terra si incontrano. E il mondo, per come lo conosci, cessa di esistere. Ogni cosa svanisce tra la curva di un fairway e la dolce pendenza di un green in lontananza. Non importa se sei un principiante o il giocatore più bravo del mondo. In quell’istante, il golf smette di essere solo un gioco con una pallina bianca e una buca da 10 cm. Il campo si trasforma in una cattedrale e tu vieni battezzato da un potere superiore. Alcuni riescono a controllare quel potere, a piegarlo a loro piacimento, e a intravedere il centro del cosmo. Ma sono casi rari. Parliamo dei grandi, i migliori. Diciamo la verità, la maggior parte non ha quel che serve per arrivare a quei livelli.“
Il golf è uno di quegli sport in cui il silenzio pesa più di un applauso. Un gioco di millimetri, di concentrazione assoluta, dove chi sbaglia paga e chi resiste, spesso, non viene nemmeno celebrato. È un mondo elegante e crudele, dove è facile scomparire, anche se un tempo eri una leggenda. Pryce “Stick” Cahill era una leggenda. Quando inizia la nuova serie Apple TV+ Stick, non ci troviamo davanti al ritratto di un eroe. Pryce non ha più niente del campione che fu: vive in una casa disordinata, lavora in un negozio di articoli sportivi, trascorre le giornate tra scommesse perse, ricordi appannati e battute ciniche. Eppure, qualcosa sopravvive. Non è solo nostalgia. È l’amore per il golf, che non se n’è mai davvero andato. Solo, ha smesso di parlargli. Almeno fino a quando non vede giocare Santi Wheeler.
La scintilla che accende la serie si manifesta in un campo da golf qualunque, dove Santi (interpretato da Peter Dager), diciassettenne tagliente e scontroso, colpisce la palla come se l’erba stessa avesse aspettato solo lui. Stick osserva, immobile. Per un attimo, non è l’uomo disilluso che abbiamo conosciuto nei primi minuti della serie, ma di nuovo un giocatore: uno che riconosce il talento puro. Stick, interpretato da Owen Wilson, non si lancia in discorsi motivazionali. Non crede più neanche in se stesso, figuriamoci nel potenziale di qualcun altro. Ma in Santi vede qualcosa che non riesce a ignorare: non solo un colpo perfetto, ma la possibilità di un nuovo inizio. Non tanto per il ragazzo, quanto per sé stesso.
Ci è chiaro fin da subito che Santi è l’opposto del classico “prodigio adorabile”: è schivo e con una distanza emotiva che sembra incolmabile. Non sogna una carriera nel golf. Non sogna molto, in realtà. E proprio per questo, forse, che colpisce la palla con tanta rabbia e precisione. Quando Stick propone di allenarlo, la reazione è prevedibilmente negativa. Non tanto da Santi, quanto da sua madre Elena (interpretata da Mariana Treviño), che si è costruita una vita lontana dallo sport e dalle sue promesse ingannevoli. Eppure, con la determinazione sgangherata che lo caratterizza, Stick riesce a convincerli: o meglio, riesce a farsi concedere una possibilità. Il viaggio che inizia allora ha il sapore di una “road story” più che di una classica serie sportiva.
A fare da terzo incomodo e spalla comica è Mitts (interpretato da Marc Maron), ex caddie di Stick, ora accompagnatore sarcastico e afflitto da un realismo cronico che contrasta con le velleità rinate del protagonista. I primi tre episodi si muovono tra momenti di risate asciutte, scontri generazionali e briciole di tenerezza che arrivano quando meno te lo aspetti. Non ci sono ancora tornei, premi, né folla a bordo campo. Ma c’è già tensione: la tensione di una scommessa personale che nessuno ha chiesto, ma che potrebbe cambiare tutto (oltre a delle scommesse vere e proprie, dal momento che Stick, a corto di soldi, non perde occasione di puntare soldi sul suo nuovo pupillo). La forza della nuova serie targata Apple TV+ non sta tanto nella novità del tema – la redenzione attraverso lo sport è un archetipo narrativo ben collaudato – quanto nella scrittura misurata.
Alla fine del terzo episodio, il gruppo è in viaggio. La destinazione è l’U.S. Amateur Open, ma la posta in gioco è molto più alta. Stick non vuole solo vincere: vuole ritrovare qualcosa che ha perso. Santi in questi primi tre episodi resta un ragazzo complesso, chiuso, eppure con un fuoco interno che inizia lentamente a bruciare. Il merito è anche della madre, personaggio a cui ci si affeziona fin da subito: non la classica “voce della ragione”, ma una donna concreta e scettica. Per non parlare di Mitts, personaggio a cui vuoi già bene dopo solo due battute in croce. Insomma, Stick in questi tre episodi sembra avere tutte le premesse per una serie piacevole e divertente, anche se, come ci insegna Ted Lasso (che ci ha fatti piangere come delle fontane), le lacrime potrebbero essere dietro l’angolo.
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