Tour annullati, dischi bloccati e artisti che si fermano: cosa succede davvero nella musica italiana?

La Mosca oggi non ironizza, riflette. Sui concerti che saltano, su chi li annulla e su chi li costruisce senza ascoltare. Perché dietro ogni palco vuoto c’è un errore, e non sempre è di chi dovrebbe salirci. Tour che saltano: non è solo un caso isolato Negli ultimi giorni, due nomi pesanti si sono sfilati […] L'articolo Tour annullati, dischi bloccati e artisti che si fermano: cosa succede davvero nella musica italiana? proviene da All Music Italia.

Jun 8, 2025 - 08:35
 0
Tour annullati, dischi bloccati e artisti che si fermano: cosa succede davvero nella musica italiana?

La Mosca oggi non ironizza, riflette. Sui concerti che saltano, su chi li annulla e su chi li costruisce senza ascoltare. Perché dietro ogni palco vuoto c’è un errore, e non sempre è di chi dovrebbe salirci.

Tour che saltano: non è solo un caso isolato

Negli ultimi giorni, due nomi pesanti si sono sfilati dal cartellone estivo. Il primo è Rkomi: niente concerti, tutto annullato. La mail di rimborso è arrivata prima ancora di un annuncio ufficiale. Fan in rivolta, silenzio sui social. Ma secondo quanto ricostruito da Selvaggia Lucarelli, che ha parlato direttamente con il suo management, non si tratta di un crollo ma di una scelta. O, meglio, di una rottura.

Dopo un Sanremo difficile (penultimo in classifica ma riscoperto con il tempo), Rkomi ha pubblicato un disco introspettivo, lontano dall’idea di live da festival. Il singolo L’ultima infedeltà – scarno, senza batteria, quasi anti-radio – ha segnato l’inizio di una nuova fase. L’artista voleva portare questo spirito nei teatri. L’agenzia non ha assecondato. Da qui la separazione e la decisione di cancellare tutto.

Più che un incidente, sembra il rifiuto di adattarsi a un sistema che pretende l’artista usa-e-getta, sempre pronto per “su le mani Riccione”, anche quando ha scritto un disco da luci soffuse. A Rkomi non è venuta meno la voce, è venuta meno la compatibilità con la macchina. E questa, più che una crisi, è una notizia.

E poi c’è Bresh. Il suo è un caso curioso. Nessun comunicato. Nessun post. L’ultimo annuncio ufficiale sul sito di Live Nation riguarda il tour estivo. Ma quando entri nella sua scheda artista, ci sono solo le date dei palazzetti autunnali. Silenzio social. Silenzio stampa. Eppure, il tour estivo è stato annullato.

La spiegazione è arrivata quasi per caso, durante la presentazione del nuovo disco. L’ha detto lui, davanti ai giornalisti: “Siamo usciti tardi col disco, non c’era il tempo per preparare uno show adeguato. Alcune date andavano bene, altre meno. Abbiamo deciso di concentrare tutto sui palazzetti”.

Giusto? Forse. Ma la Mosca non si interroga sul merito, bensì sul metodo. Quando un tour sparisce e il pubblico lo scopre solo notando l’assenza, qualcosa non torna. Chiedere scusa ai fan a voce, ma non nei canali ufficiali, è come sussurrare un rimorso nel backstage mentre fuori stanno già smontando le luci.

Se c’è una regola non scritta nei live, è che quando togli qualcosa al pubblico, glielo devi dire guardandolo in faccia. Anche se fa male. Anche se è colpa di una scelta sensata. Il silenzio, invece, lascia spazio al sospetto: che lo show estivo non sia mai stato veramente una priorità.

Chi si ferma e chi si sottrae

Irama, coetaneo di Rkomi e Bresh, ha fatto una scelta diversa. Non ha annullato nulla, ma si è fermato prima. Nessuna dichiarazione drammatica, solo un post dopo settimane di silenzio:

“Sono sparito per un po’, avevo bisogno di staccare, di concentrarmi sulla musica. Non ho bisogno di correre, di inseguire qualcosa. Ho iniziato ad appuntare parole, pensieri, simboli, presto tutto avrà senso. Ora ci sono.”

Non serve per forza crollare. Ci si può fermare prima, con consapevolezza. Ma serve allenamento, esperienza, forse anche qualche cicatrice in più. Irama ha quasi trent’anni, e probabilmente un rapporto con se stesso più saldo di quello che può avere un ventenne appena esploso.

Sangiovanni invece si è rotto. Ma lo ha ammesso, lo ha scritto, lo ha raccontato con una sincerità rara nel pop italiano. Il primo vero comunicato di burnout. Nessuna tournée, nessun disco, nessun Forum. Solo un’esigenza:

“Non riesco più a fingere che vada tutto bene e che sia felice di quello che sto facendo. […] Voglio stare bene per condurre al meglio la musica vista come ‘lavoro’.”

Anziché svuotarsi per finta, si è riempito altrove. Patente, studio, silenzio. Poi è tornato, con Luci allo Xeno. Non per dire “eccomi”, ma per dire “ora ci sono davvero”.

Stessa fragilità lucida per Angelina Mango. Prima rinofaringite, poi il blocco. Tour annullato, comunicazione chiara, affettuosa. Poi il silenzio. E da lì una nuova consapevolezza:

“In questo periodo in cui ‘esisto’ un po’ di meno pubblicamente, mi sono accorta che ESISTO davvero, anche nella realtà.”

La Gen Z spremuta come un agrume

Non è fragilità, è logoramento. I ragazzi della nuova scena sono stati trattati come mucche da mungere (o “cash cow”, come la chiamerebbe il Boston Consulting Group). Sfruttati finché vendono. Poi, se saltano, si cambia cavallo.

Madame l’ha detto chiaramente: «Preferisco essere dimenticata perché non pubblico, piuttosto che essere dimenticata perché sono scarsa». Un silenzio attivo, come resistenza. Il gesto più radicale: sottrarsi.

Chi ha difeso Blanco a Sanremo, nel momento in cui tutti lo attaccavano per aver preso a calci le rose, è stato Gianluca Grignani. Forse perché si è riconosciuto. Anche lui è esploso giovanissimo. E anche lui ha reagito con un gesto estremo: un disco scomodo, La fabbrica di plastica, quasi un sabotaggio al sistema che lo stava confezionando.

Oggi quel rifiuto suona familiare. Più umano di tanti singoli pensati per funzionare. Perché il problema, forse, non è chi si rompe. È chi pretende che restino integri dopo essere stati venduti, spremuti, impacchettati. Come se fossero contenuti. Non esseri umani.

Il sistema che non ascolta

La Mosca, per una volta, non punge gli artisti. Punge chi li circonda. Chi firma contratti, costruisce tournée, piazza prodotti, programma uscite, ma dimentica le persone.

In questo sistema musicale, va tutto secondo i piani. Tranne chi deve viverli. L’agenda è perfetta, il cast stellare, la scenografia spettacolare. Manca solo una cosa: la tenuta psicologica di chi deve reggere tutto.

E se ogni tre concerti ne salta uno, se a ventidue anni si parla già di ricostruzione, se un tour viene annullato senza spiegazioni e un altro per sopravvivere, forse c’è una falla. E non sta nel palco. Sta nell’ufficio accanto.

Fermarsi non è un crollo

La Mosca lancia una riflessione, non un’accusa. Forse gli artisti stanno imparando a fermarsi prima di cadere. Forse il pubblico inizia a capire che non si può pretendere tutto, sempre.

Non è una gara a chi resiste di più. È una questione di ascolto. Di empatia. Di dignità. E se oggi la musica sembra perdere pezzi, è solo perché per troppo tempo li ha chiesti senza misura.

La Mosca Tzè Tzè

L'articolo Tour annullati, dischi bloccati e artisti che si fermano: cosa succede davvero nella musica italiana? proviene da All Music Italia.