9 tra i plot twist più iconici in assoluto nella storia degli anime
Alcuni degli anime più influenti degli ultimi decenni hanno fatto dei plot twist veri e propri snodi esistenziali, capaci di ridefinire i personaggi, le ideologie e l’intera struttura simbolica del racconto. Secondo la narratologia di Gérard Genette, ogni racconto gioca su un rapporto tra fabula (la sequenza cronologica degli eventi) e intreccio (la disposizione narrativa).… Leggi di più »9 tra i plot twist più iconici in assoluto nella storia degli anime The post 9 tra i plot twist più iconici in assoluto nella storia degli anime appeared first on Hall of Series.

Alcuni degli anime più influenti degli ultimi decenni hanno fatto dei plot twist veri e propri snodi esistenziali, capaci di ridefinire i personaggi, le ideologie e l’intera struttura simbolica del racconto. Secondo la narratologia di Gérard Genette, ogni racconto gioca su un rapporto tra fabula (la sequenza cronologica degli eventi) e intreccio (la disposizione narrativa). Il colpo di scena agisce spesso a posteriori, retroattivamente, modificando la percezione del lettore/spettatore su ciò che già è avvenuto. Ne è un esempio paradigmatico Death Note, dove la morte di L non solo ribalta le dinamiche di potere tra i protagonisti, ma obbliga a riconsiderare l’intera moralità della narrazione, che si incupisce definitivamente.
Molti plot twist degli anime agiscono sulla percezione identitaria: chi è davvero un personaggio? Cosa nasconde il suo passato?
1) La vera natura del Frutto del Diavolo di Monkey D. Luffy – One Piece

Ci sono colpi di scena che ribaltano totalmente la trama. E poi ce ne sono altri che fanno piuttosto luce su qualcosa che era lì da sempre, ma nascosto nell’ombra.
La vera natura del Frutto del Diavolo di Monkey D. Luffy appartiene a questa seconda categoria. Una rivelazione, avvenuta nella parte finale dell’arco narrativo di Wano, che stravolge tutta la storia raccontata fino ad allora, offrendo una rilettura del personaggio e del mondo che lo circonda.
Le premesse di One Piece sono molto chiare, sin dalla East Blue Saga. E non ci riferiamo solo al presunto tesoro (Oda ci sta bellamente trollando, ma chi siamo noi per non subirne le conseguenze), alla figura di Gol D. Roger e all’era dei pirati, ma proprio al protagonista Luffy e al Frutto del Diavolo a lui associato: il Gomu Gomu no Mi. Corpo di gomma, poteri elastici, una creatività fuori dal comune nei combattimenti e una serie di evoluzioni note come Gear che Luffy “sblocca” nel corso della storia.
Poi, arrivati al fatidico scontro con l’Imperatore Kaido (il nono tra i migliori villain dell’anime), ci viene detto che quel frutto non è mai esistito. In realtà, si chiama Hito Hito no Mi, modello Nika, ed è uno Zoan mitologico. E Luffy è l’incarnazione del cosiddetto “dio del sole”, una figura leggendaria legata alla libertà, al sorriso, al caos. Una figura che il Governo Mondiale ha cercato di cancellare dalla storia.
A questo punto, potremmo aspettarci un cambiamento radicale. Una presa di coscienza. Un salto di tono. Ma non succede niente del genere. Luffy rimane esattamente com’era prima. Non è lui che cambia, siamo noi a cambiare la nostra percezione di One Piece. Le sfide ai potenti, la naturale inclinazione a schierarsi dalla parte degli oppressi, il suo modo di ridere anche nei momenti più disperati, sono tutte sue scelte a prescindere dal frutto. Il frutto, semmai, è un’estensione coerente di quella stessa attitudine.
Il plot twist del Gear Fifth è un ritorno al cuore infantile dell‘anime, alla libertà senza vincoli che Luffy ha sempre incarnato.
Il Governo Mondiale non teme Luffy per il potere che ha, ma piuttosto perché non riesce a controllarlo. Perché non risponde mai alle aspettative, e continua a muoversi secondo una logica che è tutta sua. In questo senso, la rivelazione del frutto è una nuova chiave di lettura attraverso cui guardare l’anime.
2) Rey Anayami – Evangelion

Occhi fissi nel vuoto, voce bassa, risposte monosillabiche. Una presenza che non si fa notare, ma che si fa sentire. Fin dalle prime puntate di Neon Genesis Evangelion (tra gli anime più dark che siano mai stati realizzati), è chiaro che qualcosa non torna in Rey Anayami, ma il modo in cui quella stranezza viene costruita è più sottile di quanto sembri. Non riusciamo a capire bene cosa sembri inspiegabilmente fuori posto in un personaggio che, tutto sommato, potrebbe essere solo l’ennesimo di una lunga lista presente in numerosi altri anime. Rei non parla di sé, non reagisce alle emozioni degli altri come ci si aspetterebbe. C’è un senso di estraneità che non è solo psicologico, ma quasi fisico. Come se fosse lì, eppure non appartenesse davvero a quel mondo.
Poi arriva il grande plot twist dell’anime: Rey Ayanami è un clone.
O meglio, è più di un clone. È un esperimento, un prodotto, un incrocio tra il DNA della madre del protagonista (Yui Ikari) e un’entità chiamata Lilith. Non è nata, è stata costruita. E non c’è solo una Rey, ce ne sono molte. Tutte intercambiabili e sostituibili. Ogni volta che una muore, ne arriva un’altra. Stessa faccia, stesso corpo, ma mai esattamente la stessa persona. A quel punto, lo spettatore si rende conto che ogni sua credenza su Rey è sempre e stata solo una pia illusione. Nella convinzione di aver imparato a conoscerla, scopre in realtà di non sapere nulla, riflettendo in questo modo anche la stessa ignoranza di Rey su se stessa. Chi è Rey Ayanami, se ogni versione di lei può essere sostituita? Se la sua memoria può essere cancellata, se la sua volontà è parzialmente controllata?
Questa domanda è il cuore del discorso che Evangelion porta avanti su identità, individualità e isolamento. Rei è la rappresentazione più estrema della perdita di sé. Non ha passato, non ha legami, e quando inizia a svilupparli, il sistema in cui vive si incarica di spezzarli. La sua esistenza è precaria, sospesa tra l’umano e l’artefatto. Ma nonostante tutto questo, proprio lei, forse più di qualunque altro personaggio, inizia a costruire qualcosa che assomiglia a una volontà.
Quando Rei, in uno dei momenti più importanti della serie, decide di agire contro Gendo Ikari, quella scelta rompe l’equilibrio dell’intero sistema. È il momento in cui qualcosa di profondamente umano prende il sopravvento. Cosa ci rende dunque noi stessi? Siamo i nostri ricordi? Il nostro corpo? Le relazioni che creiamo? E cosa succede quando una di queste cose viene meno, o non c’è mai stata?
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