“Io, cittadina di Cogne, e quelle immagini che arrivano da Blatten”

Meno di un anno fa il paese della Valle d’Aosta fu colpito da un’alluvione e rimase isolato per settimane. Le immagini della devastazione di Blatten hanno profondamente colpito la giornalista di montagna.tv, che a Cogne abita. E che ha messo nero su bianco le sue emozioni L'articolo “Io, cittadina di Cogne, e quelle immagini che arrivano da Blatten” proviene da Montagna.TV.

May 30, 2025 - 14:10
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“Io, cittadina di Cogne, e quelle immagini che arrivano da Blatten”

Mi sono fatta questa domanda mille volte: il tuo paese viene evacuato, hai dieci minuti, puoi portare via solo tre oggetti, che fai?
Ogni volta che ci penso, cambio idea. Oggi direi: il mio Mac rosa pastello, i miei Volk da touring e l’edizione integrale del ’51 della Recherche di Proust. Sì, lo so: con gli sci non ci mangi, con i libri non ti ci vesti. Scelte poco furbe, forse. Ma si sa, l’amore non è pratico.

E allora mi chiedo: cosa hanno messo nelle loro borse gli abitanti di Blatten, il 19 maggio scorso, quando le autorità hanno ordinato l’evacuazione dell’intero villaggio del Vallese?

Vestiti, certo. Medicine, oggetti utili. I documenti, sì. Ma chissà se qualcuno, nella confusione, ha avuto la prontezza di prendere anche qualcosa di totalmente inutile. E  quindi essenziale. Una foto incorniciata, il rosario di legno appeso sopra il letto, il cappello buono della domenica.
Magari qualcuno ha lasciato tutto ma è tornato indietro solo per prendere la fisarmonica del nonno, da anni in un angolo a prendere polvere.

Chissà, invece, quanti tesori hanno lasciato nelle loro case, che adesso giacciono sotto milioni di metri cubi di ghiaccio, terra e roccia. Chissà quanti disegni ancora attaccati al frigo. Quanti paioli in rame dove la domenica si preparava la fonduta. Quanti passi, quanti ricordi, quanti silenzi imprigionati in quelle stanze. Ora tutto è fango. Tutto è franato.

Un anno fa, il 29 giugno, un’alluvione devastante ha colpito il mio paese, Cogne.
Ha distrutto strade, ponti, pascoli, paesaggi.
I primi giorni di un’emergenza sono adrenalinici. Agisci. Non senti. Non pensi. Bisogna riparare l’acquedotto, la strada, le telecomunicazioni. Bisogna occuparsi delle persone fragili, dei rifornimenti, del fango.
Ma è dopo, quando la macchina dell’emergenza si ferma e resta solo il silenzio, che ti accorgi che non c’è più nulla da riconoscere.

Valnontey, una delle frazioni più belle di Cogne, sembrava passata in un’impastatrice. Frullata, sbattuta, centrifugata e sputata fuori con una faccia nuova e straniera.
Gli occhi degli anziani si stringevano davanti a un paesaggio che non riconoscevano più.
C’era chi tirava fuori le foto dell’anno prima per ricordare al proprio cuore com’era quel posto lì e chi invece scattava foto a com’è adesso, per preparare il cuore ad accettarlo.

A Blatten non è cambiato solo un paesaggio. È scomparso un intero paese. Trecento abitanti. Forse l’equivalente di un paio di palazzi a Milano. In numeri, non sono tanti. Ma non è una questione di quantità. Queste trecento persone non hanno perso solo case, oggetti, fotografie.

Hanno perso la loro identità. Perché in montagna non sei separato dal luogo in cui vivi. Sei il luogo in cui vivi. Le pareti di roccia, i ghiacciai, i boschi, i vicoli in pietra tra le case di legno: sei tu. Quella materia ti plasma, ti definisce, ti costruisce. E adesso, per gli abitanti di Blatten, è come se fosse stata amputata una parte profonda, materica, strutturale del loro essere.

Per fortuna, queste trecento persone non sono morte.
Ma qualcosa, dentro ai loro cuori montanari, sì.

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