Bruce Springsteen risponde con la musica: da Manchester parte la sfida a Trump
Bruce Springsteen trasforma le sue critiche a Trump in un EP live dal valore simbolico. Taylor Swift, Eddie Vedder e Neil Young si uniscono idealmente alla sua battaglia. È la musica, ancora una volta, a farsi politica.

Bruce Springsteen è la classica superstar capace di fare notizia anche quando sta zitto. Figuriamoci quando parla… Il suo tour europeo, che purtroppo potrebbe anche essere l’ultimo di una carriera invidiabile, e che passerà da Milano con due date a San Siro il 30 giugno e il 3 luglio è appena partito da Manchester scatenando una reazione impressionante proprio in considerazione di quello che il Boss ha detto prima ancora di cominciare a cantare.
Appena salito sul palco, senza nemmeno avere iniziato le prime note di Land of Hopes and Dreams che da scaletta doveva aprire il suo attessissimo show alla Co-Op Live Arena di Manchester, Springsteen ha ringraziato il pubblico per la sua presenza. E poi ha duramente attaccato Donald Trump.
“In questa mia America, quella che ho raccontato per cinquant’anni, vedo solo autoritarismo, corruzione, incompetenza. Non possiamo tacere”. Un attacco diretto al presidente americano che però – volutamente – non viene mai citato.
Bruce Springsteen attacca Donald Trump
Non si tratta di una dichiarazione di facciata, da backstage, ma di un vero e proprio atto pubblico. Il Boss ha scelto ancora una volta il linguaggio che gli è più familiare — il palco — per dire la sua.
Anche questa volta la risposta di Trump è stata immediata, feroce, amplificata da migliaia di condivisioni: il presidente USA lo ha a sua volta contrattaccato con un video ridicolo, insulti personali e un tweet che è rapidamente diventa virale definendolo “un artista mediocre, sopravvalutato e frustrato”.
Land of Hope and Dreams – Live: diventa un disco
A due soli giorni di distanza dal concerto, Springsteen ha rincarato la dose pubblicando un EP dal vivo che contiene la versione integrale dei suoi attacchi a Trump. L’album si intitola come il tour – Land of Hope and Dreams – Live – e contiene non solo una selezione di brani potenti come My City of Ruins, Long Walk Home e la cover di Dylan Chimes of Freedom che ha sorpresa ha chiuso la scaletta ma anche — senza tagli — i due discorsi pronunciati sul palco, quelli che hanno fatto infuriare la Casa Bianca.
Non si tratta solo di un disco: è una presa di posizione permanente e fissata nel tempo digitale. Non una scelta commerciale: ma una vera e propria testimonianza, fissata e resa disponibile per chi ne volesse traccia. Un manifesto in musica che ribalta l’offensiva e trasforma la polemica in gesto artistico. In quel formato live c’è la voce graffiata di Springsteen, ma anche quella collettiva di un’America che evidentemente si riconosce nella protesta del Boss.
Trump risponde con insulti: “Una prugna secca, un artista mediocre”
La replica del presidente in carica arriva puntuale e personale. Sulla sua piattaforma Truth Social, Trump definisce Springsteen “una prugna secca”, “un artista sopravvalutato”, “un fastidioso attira-like che nessuno ascolta più se non fosse per i media compiacenti”.
In un tweet successivo il presidente rincara la dose: “Springsteen? Mai piaciuto. Mai capito perché qualcuno lo consideri rilevante. Un mediocre”.
E mentre lui attacca, la musica risponde. Non con rabbia, ma con dischi. Con concerti. Con alleanze artistiche di rilievo considerevole.
Springsteen vs Trump: scendono in campo Swift, Vedder e Young
Trump non si limita a Springsteen. In uno dei suoi attacchi più grotteschi, ha tirato in mezzo anche Taylor Swift, l’artista di maggior successo commerciale di tutti i tempi dopo gli incredibili numeri del suo tour mondiale.
Un’altra frase a effetto quella di Trump: “Da quando ho detto ‘Odio Taylor Swift’, qualcuno ha notato che non è più così hot?”. Una frase che suona come sfida da cortile, ma l’effetto è immediato: fan infuriati, stampa in ebollizione, e un altro fronte si apre nella battaglia tra cultura pop e potere politico.
E proprio mentre la querelle si fa grottesca, arriva anche Eddie Vedder. Durante un concerto a Pittsburgh, il frontman dei Pearl Jam ha reso omaggio a Springsteen suonando My City of Ruins. Senza dire nulla, ma il messaggio è chiarissimo: il pubblico si unisce al ritornello e indirettamente risponde al Boss prendendo le distanze da Trump.
L’ultimo ad alzare la voce è il leggendario Neil Young, 80 anni a novembre… “Bruce ha ragione. Taylor ha ragione. Tu [Trump] pensi solo a te stesso. Pensa all’America invece, e non a quello che dicono i rocker. Io bon ho paura di te. E fidati: nessuno di noi ha paura di te” ha detto il cantautore canadese…
Il rock torna a farsi un messaggio collettivo
L’aspetto interessante di questa vicenda non è solo la polemica tra Springsteen e Trump, ma il modo in cui la musica torna ad avere un ruolo politico e generazionale. Springsteen, Swift, Vedder, Young: artisti molto diversi, ma uniti dalla volontà di non restare in silenzio.
Negli anni Sessanta si parlava di folk e ribellione, negli Ottanta la MTV generation rompeva i tabù. Oggi, nell’epoca dei social e degli haters presidenziali, il palco è ancora una volta luogo di verità. E quando la politica spara insulti, la musica restituisce storie, immagini, empatia.