Ghost in the Shell: Un viaggio sonoro tra distopia e intelligenza artificiale – Intervista

Ghost in the Shell è più di un semplice album; è una riflessione profonda sulla nostra relazione con la tecnologia e sull’evoluzione dell’umanità nell’era dell’intelligenza artificiale. Con questo progetto, Mr. Melt e Mad G uniscono sonorità innovative a tematiche distopiche, offrendo uno spunto di riflessione che va oltre la musica. Il disco, che rappresenta il […] L'articolo Ghost in the Shell: Un viaggio sonoro tra distopia e intelligenza artificiale – Intervista proviene da Hip Hop Italy.

May 23, 2025 - 07:45
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Ghost in the Shell: Un viaggio sonoro tra distopia e intelligenza artificiale – Intervista

Ghost in the Shell è più di un semplice album; è una riflessione profonda sulla nostra relazione con la tecnologia e sull’evoluzione dell’umanità nell’era dell’intelligenza artificiale. Con questo progetto, Mr. Melt e Mad G uniscono sonorità innovative a tematiche distopiche, offrendo uno spunto di riflessione che va oltre la musica. Il disco, che rappresenta il frutto della loro lunga collaborazione, esplora il futuro attraverso una narrazione sonora unica, mescolando diverse influenze musicali e culturali.

Ghost in the Shell è il vostro primo album insieme, ma avete collaborato in passato. Come descrivereste la chimica che c’è tra di voi? Qual è stato il punto di partenza per un album così ambizioso?

Condividere lo stesso tetto durante il lockdown ha creato le basi e ci ha dato il tempo per progettare e pensare a un album così ambizioso. Anche se poi, forse, ambizioso non è; è semplicemente il frutto delle nostre idee, dei nostri viaggi mentali e anche delle nostre ansie e paranoie riguardo al futuro.

L’album esplora una visione distopica del futuro. Quanto credete che la musica e l’arte in generale possano influenzare la percezione della società riguardo a temi come l’intelligenza artificiale e la tecnologia?

La musica influenza le persone quando porta a riflettere. Mostrare i vari punti di vista di una situazione aiuta l’ascoltatore a ragionare e a farsi una propria idea. Già questo è un’influenza forte in un mondo che spinge a non pensare.

In che modo il messaggio di Ghost in the Shell si riflette nella scena rap italiana di oggi? C’è qualcosa che pensate che la vostra musica possa cambiare o dire alla nuova generazione di rapper?

Noi vorremmo sensibilizzare le persone, perché pensiamo che l’uso smodato dell’AI nella musica e nell’arte sia un po’ l’inizio del declino. La depersonalizzazione della musica e dell’arte visiva, la privazione di emozione e umanità portata dall’AI, è già qualcosa di evidente.

Nel disco ci sono produttori provenienti da tutta Europa, come Restless M.I.N.D. e ggm. Com’è stata l’esperienza di lavorare con beatmaker internazionali? Qual è la differenza rispetto a lavorare con producer italiani?

A parte che [ggm] è italiano, ahahaha, per noi è normale, vista la lunga esperienza all’estero che abbiamo e che sto tuttora vivendo. Poi, la musica è una cosa senza idioma, è come se parlassimo tutti la stessa lingua. La troviamo una cosa totalmente naturale.

Con la trap e la drill che dominano la scena rap attuale, come riuscite a mantenere un equilibrio tra innovazione e rispetto per la tradizione dell’hip hop? Quanto sono importanti per voi le radici del boombap?

Le radici del boombap sono molto importanti, ma riteniamo che lo siano anche l’innovazione e l’evoluzione, sia metrica che strumentale. Anzi, crediamo che un bel beat sia un bel beat, non importa se drill, boombap o trap. La musica è musica, e non ci sentiamo legati per forza a determinati suoni o bpm. Crediamo che per certe atmosfere servano certi suoni.

Quello che voglio dire è che la musica è musica. C’è musica fatta bene e musica fatta male; e solo per via di certe dinamiche dettate dall’industria, come l’autotune, le tematiche e la scarsa proprietà di linguaggio, non dobbiamo pensare che tutta la trap sia merda o tutta la drill sia merda.

Se spacchi, spacchi. Insomma, non importa se trap, drill, dubstep o mazurka.

Parlaci della traccia “Billy Milligan”, in cui Mad G esordisce come beatmaker. Come è nata e quale messaggio volevate trasmettere attraverso di essa?

“Billy Milligan” è una sfumatura di Ghost in the Shell diversa dal resto del disco. Qui, il concetto di spirito nel guscio viene reinterpretato come le anime nel corpo di un individuo con personalità multiple (Billy Milligan è stato l’uomo a cui sono state diagnosticate il maggior numero di personalità: 26). In questa traccia, abbiamo voluto ipotizzare che il suo corpo fosse una scatola vuota nella quale i vari spiriti si alternavano nel prendere il controllo.

Questa è la prima produzione individuale di Mad G, frutto dell’esperienza maturata nel coprodurre alcuni dei beat presenti nei suoi progetti.

Siete riusciti a portare Ghost in the Shell in giro per l’Europa, condividendo il palco con artisti come i Colle der Fomento e Ensi. Cosa significa per voi questa connessione con i veterani della scena rap?

Vorremmo precisare che Ghost in the Shell ancora non è stato portato live, ma lo sarà dal 23 maggio con l’inizio del nostro tour omonimo. È un lavoro inedito dal punto di vista dei live.

La connessione con i veterani della scena rap è come una sorta di benedizione. Inoltre, condividere il palco con artisti che ti hanno ispirato è sempre un bel traguardo da raggiungere.

Come vedete il futuro dell’hip hop italiano nei prossimi anni? Cosa pensate che dovrà fare la scena per evolversi senza perdere la sua autenticità?

Credo che si svilupperanno due correnti parallele (o che forse già ci siano), in cui una seguirà il vecchio stile e l’altra sarà sempre in cerca di nuove sonorità. Ma allo stesso tempo, credo che il meglio arriverà quando ci sarà un punto di incontro tra le due, e si prenderà il meglio da entrambe. L’autenticità starà sempre nell’essere ciò che si è.

 

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