Cultura in cassa dritta: Murubutu chiude il tour al Fabrique di Milano
17 maggio 2025. Fabrique pieno, aria densa. Nessuna scenografia faraonica, nessun effetto speciale: solo musica, parole e verità. Murubutu sale sul palco e inizia a fare ciò che fa meglio: raccontare. E quando racconta, non c’è distrazione che tenga. È l’ultima data del tour La vita segreta delle città, ma non è solo un concerto: […] L'articolo Cultura in cassa dritta: Murubutu chiude il tour al Fabrique di Milano proviene da Hip Hop Italy.

17 maggio 2025.
Fabrique pieno, aria densa. Nessuna scenografia faraonica, nessun effetto speciale: solo musica, parole e verità.
Murubutu sale sul palco e inizia a fare ciò che fa meglio: raccontare. E quando racconta, non c’è distrazione che tenga.
È l’ultima data del tour La vita segreta delle città, ma non è solo un concerto: è un atto d’amore, un momento di condivisione, un promemoria di cosa sia davvero l’hip hop.
Cultura, studio, passione, attenzione per ogni dettaglio.
Il suo è un rap che si scrive tra le righe dei libri e tra le crepe dei marciapiedi.
Non ha bisogno di sgomitare per farsi notare. Ti prende con la sostanza.
Sul palco con lui una band rodatissima, elegante nei suoni e precisa nei cambi, e poi Dia.
Dia è luce calda.
Dia è voce.
La voce che non decora, ma incide, con e dentro l’anima. Quella che entra nei ritornelli e li scolpisce nella memoria.
In un panorama spesso schiacciato da cliché vocali, Dia è cosa rara. Raffinata, intensa, mai fuori posto.
Quando canta, tutto si ferma. E quel fermarsi ha un peso tangibile.
Poi c’è Mattak.
Classe, incastri serrati, un flow magistrale, controllo totale.
Ha la spontaneità e la fotta di un freestyle e la nitidezza di un disegno tecnico. La sua è precisione chirurgica: ti arriva addosso prima che tu abbia il tempo di prepararti.
In tre minuti ti ricorda perché lui è tra i nomi più forti della sua generazione.
Non cerca consensi, non strizza l’occhio: spacca e basta.
Durante la serata, salgono anche Dutch Nazari, Ghemon, Ivana LCX, Willie Peyote.
Ognuno porta un pezzo di sé, ma è tutto cucito con un filo solo: quello del racconto.
Quello di Murubutu, che tiene insieme parole e pensieri, episodi di vita e citazioni letterarie, riflessioni filosofiche e quotidianità di provincia.
Nessuna barra è lasciata al caso, niente è buttato lì tanto per.
Ogni pezzo è un capitolo. Ogni capitolo una lezione.
Il pubblico canta, ascolta, applaude. Ma soprattutto: capisce.
Perché ieri sera al Fabrique non c’era solo musica. C’era un’aula senza cattedre, una lezione a microfono aperto, una libreria che si era tolta la polvere di dosso. E ogni libro aveva una storia, un beat, una voce.
Niente voti, niente banchi: solo parole che insegnano mentre ti entrano dentro.
Solo la dimostrazione che il rap non ha bisogno di compromessi per arrivare al cuore e alla testa.
Serve solo qualcuno che sappia usarlo bene. E Murubutu lo fa con un rispetto raro.
Ringrazia, si tocca il petto, si volta verso la band.
Sa di aver fatto centro, ancora una volta.
E chi c’era, lo sa.
Articolo e foto a cura di Elisa Serrani.
L'articolo Cultura in cassa dritta: Murubutu chiude il tour al Fabrique di Milano proviene da Hip Hop Italy.