The Siege and the Sandfox Recensione: lo stealth-metroidvania definitivo
Se dopo Mandragora, After Us, Hollow Knight e una miriade di altri metroidvania ci saremmo trovati davanti The Siege and the Sandfox, non ci avremmo mai creduto prima. Il motivo? Immaginatelo: un metroidvania-stealth! Come, stiamo impazzendo? Può esistere davvero un miscuglio del genere? La risposta è sì, tremendamente – in un’accezione positiva – sì e […] L'articolo The Siege and the Sandfox Recensione: lo stealth-metroidvania definitivo proviene da Vgmag.it.


Se dopo Mandragora, After Us, Hollow Knight e una miriade di altri metroidvania ci saremmo trovati davanti The Siege and the Sandfox, non ci avremmo mai creduto prima. Il motivo? Immaginatelo: un metroidvania-stealth! Come, stiamo impazzendo? Può esistere davvero un miscuglio del genere? La risposta è sì, tremendamente – in un’accezione positiva – sì e ancora una volta sì. Sviluppato da Cardboard Sword ed edito da Plaion, The Siege and the Sandfox è intanto una chiara e palese dichiarazione d’amore a un franchise iconico e storico come Prince of Persia. Lo si nota sin dal primo momento, lo si avverte nella pelle, lo si sente nel sangue e c’è pure un personaggio, la Volpe, che piroetta come il Principe di Persia, ma senza la sua letalità.
Da egli ha ereditato, invece, l’agilità e la lucidità. Il team, però, ha a sua volta ereditato la volontà di creare qualcosa di chiaramente originale nel panorama, qualcosa che andasse ben oltre il classico esponente del genere che si gioca e poi si accantona per qualcosa di migliore. C’è da dire, intanto, che la storia di Cardboard Sword parte da lontano: lo studio è stato messo in piedi nel 2022 da esperti del settore e da personaggi che hanno creato videogiochi importanti nel panorama videoludico contemporaneo. Quindi, l’attenzione da riservare è giustamente importante da analizzare e approfondire a dovere, dall’impalcatura di gioco fino ai dettagli meno scontati. The Siege and the Sandfox, in tal senso, è da catalogare come un’opera che nasce dal forte desiderio di raccontare un contesto interessante, che approfondiamo nell’ultima parte della recensione.
È fondamentale, prima, parlare delle sensazioni che ci ha lasciato questo videogioco, che ci ha tenuti incollati per l’intera settimana. L’originalità è palese, così com’è evidente il chiaro richiamo a un passato che fa luccicare gli occhi e ravviva inevitabilmente lo spirito. Pad alla mano, si percepisce la passione del team per Prince of Persia: no, non la trilogia degli anni 2000. Si deve guardare più indietro e si deve ricercare quell’amore in altre sponde, in quei pixel che hanno incantato e continuano a farlo da anni. The Siege and the Sandfox va a rispolverare quell’amore per il passato con un chiarissimo tentativo: ammodernare un modello di gioco che non si vedeva da anni, implementando al suo interno lo stealth, che è il fondamento su cui si poggia l’intero game design del prodotto. La struttura di gioco, infatti, è appassionante e riesce a convogliare delle ottime idee, che si fossilizzano sull’uso di strumenti e la raccolta di oggetti fondamentali e rilevanti per avanzare nella storia e nelle sue diramazioni. Prima abbiamo parlato di originalità, un’arma che può rivelarsi utile quanto piuttosto letale per uno sviluppatore in erba o per chi prova con costanza a trovare qualcosa di innovativo nello scenario videoludico attuale. È bene ribadire che, per quanto un’opera possa originale, deve anche fare i conti con una buona ottimazione e una buona resa sulle macchine in cui è disponibile. Meglio se ci spieghiamo.
Il vivace gameplay di The Siege and the Sandfox
Come scritto poco più sopra, The Siege and the Sandfox è un metroidvania bidimensionale a scorrimento. L’obiettivo finale è di esplorare e raccogliere dell’equipaggiamento che rafforza il personaggio principale dell’avventura, ovvero la Volpe, una figura incappucciate agile e veloce proprio come… una volpe, per l’appunto. In ogni caso, la struttura di gioco si focalizza su una meccanica mai vista in un metroidvania: lo stealth. La furtività, all’interno del gioco, si configura in modo tanto semplici quanto complessi in un videogioco del genere, in cui gli equilibri sono fondamentale. Le fasi furtive riguardano nascondersi, seguire un nemico per rubargli le chiavi e, in seguito, giocare con le ombre e le luci.
Il personaggio, oltre a dover osservare chi ha davanti, deve aspettare e muoversi saggiamente. È un mestiere complesso, quello della Volpe del deserto, ma qualcuno deve pur farlo: questa meccanica è costruita piuttosto bene ed è ottimamente inserita all’interno della produzione. I nemici dispongono di una visuale entro la quale operano, e la Volpe può spegnere le torce e le candele per nascondersi nelle ombre e poi colpire il malcapitato. È un bel modo di raccontare un design ed è tutto funzionale all’obiettivo: rendere la produzione come l’hanno immaginata gli sviluppatori.
Quando non è possibile evitare un nemico di pattuglia, è necessario nascondersi nei classici fasi posti nei vari luoghi, tutti interconnessi e provvisti del viaggio rapido, qualora ce ne fosse bisogno per tornare indietro. Il gameplay, inoltre, non si focalizza affatto sul combattimento: una delle poche interazioni che prevede il corpo a corpo è quella di mettere fuori gioco un nemico semplicemente tramortendolo. La decisione di puntare tutto sullo stealth funziona ottimamente, complice un game design che va incontro alle esigenze del giocatore che cerca sia un metroidvania impegnativo che qualcosa di nuovo in una struttura ludica tipo. Argomento puntuale e fondante del prodotto, lo è l’esplorazione, che si sviluppa nel classico modo dei tanti esponenti del genere. In tal senso, per avanzare all’interno del titolo è necessario cercare la strumentazione adeguata e poi proseguire nel viaggio. È importante che questo avvenga perché, altrimenti, si rischierebbe di non poter procedere in determinate aree, che quindi resterebbero sfortunatamente precluse al giocatore.
La Volpe, oltre a essere rapida e silenziosa, è anche agile. Può dotarsi di guanti che le permettono di raggiungere impalcature e sommità altrimenti invalicabili, o fare un po’ come il Principe di Persia: correre sulle pareti e raggiungerle in quel modo. Ma una primizia che abbiamo tanto adorato del prodotto è da riservare nella possibilità di saltare da una colonna all’altra. La Volpe, se adeguatamente fornita di stivalucci, può inoltre aprirsi delle strade alternative per raggiungere luoghi inaccessibili. Ciò non allunga il brodo, ma aggiunge al giocatore vari modi per esplorare e conoscere anche altrettanti nemici.
Se vi dicessi che alcuni di essi sono da eliminare semplicemente abbattendo dei vasi pieni di sabbia, ci credereste? Ebbene, accade proprio questo. Questo si sviluppa in modo alquanto semplice, con dei demoni che possono letteralmente comparire all’improvviso minacciosi e intenzionati a rendere l’esistenza del giocatore grama e brutalizzata a sufficienza. Questo modello di game design, oltre a coinvolgere e a lasciare di stucco, costringe a seguire un approccio sempre diverso. Una struttura simile, però, è stata anche vittima di alcuni difettucci: prima ho parlato in definitiva dell’ottimizzazione, purtroppo compromessa da alcuni bug e da un crash avvenuto quando stavamo abbassando una leva. Arriviamo pure a questo, ma è bene contestualizzare la storia, prima.
L’Oriente al suo massimo
Se qualcuno fosse rimasto incantato dalle storie delle Mille e una Notte, qua potrebbe trovarsi a casa. Il team si è ispirata nel gameplay a Prince of Persia ma si è fossilizzata su un contesto ottimo: l’assedio di una città chiaramente araba, tra miti e leggende del luogo. Nel delineare un’ambientazione realmente interessante e piena zeppa di momenti altissimi, lo studio di sviluppo si è impegnata a creare delle soluzioni brillanti in termini di game design, facendo leva tanto sulla passione dei giocatori quanto sulla ricerca del contesto perfetto da proporre loro. Dunque, ha preso a piene mani dai libri in merito e ha scelto di fare la voce grossa quando si è trattato di raccontare le vicende. È presente una voce suadentissima ed elegante che accompagna il viaggio della Volpe, mai stancante e sempre presente, che prende la parola anche per gli NPC presenti nel viaggio.
Il racconto, che è bene non spoilerare, risulta avvincente. Oltre a essere pieno zeppo di biomi, questo videogioco contestualizza e mostra due posizioni diverse. Da una parte la ricchezza della città, dall’altra i suoi segreti: questi ultimi concernano il popolo ma soprattutto i luoghi al di sotto del palazzo, contestati da anime prave disperse nell’etere e da fantasmi di un tempo passato. Diventa, dunque, interessante viaggiare in questo luogo misterioso.
Talvolta claudicante dal punto di vista tecnico
Vogliamo essere chiari: non stiamo parlando di bug che inficiano l’esperienza in alcun modo. Sono solo delle sbavature brutte da notare durante il viaggio, come nemici incastrati o alcuni di essi che non cadono al suolo dopo averli tramortiti. O, com’è capitato a noi, di un crash improvviso che ci ha costretto a uscire e a ricaricare l’ultimo salvataggio. Sono errori normali per un’elaborazione ludica di questo tenore, che può essere corretta attraverso delle patch, come intende fare il team per offrire l’esperienza migliore al giocatore.
Giocato sul nostro fiammante PC (nel senso che no, non sta prendendo fuoco), The Siege and the Sandfox è un videogioco che pesa molto poco. I requisiti sono tarati verso l’alto, ma lo abbiamo anche provato su un portatile e non richiede chissà quali grandi performance per essere goduto appieno. Il titolo potrebbe, infine, sorprendere. È da tenere d’occhio assolutamente, come testimonia il voto in fondo a questa analisi.
The Siege and the Sandfox è un piacevolissimo metroidvania pieno zeppo di interessanti idee e di un contesto intrigante e coinvolgente. Scegliere di concentrare l’opera sui binari stealth è difatti ottima, complice una costruzione alla base dell’impalcatura ludica che riesce ad arrivare in modo completo e definitivo all’obiettivo. Nel corso dell’esperienza, però, ci sono state delle problematiche legate al lato tecnico. Queste problematiche, tuttavia, non inficiano le qualità assolutamente pregevoli del titolo, che sa come proporsi e raccontarsi.
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