Eurovision 2025: scontro tra RTVE e EBU su Israele, televoto e neutralità del concorso

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May 18, 2025 - 22:40
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Eurovision 2025: scontro tra RTVE e EBU su Israele, televoto e neutralità del concorso

L’Eurovision Song Contest 2025 è stato accompagnato da un acceso scontro politico e istituzionale tra RTVE – la tv pubblica spagnola – e l’EBU (European Broadcasting Union), con al centro la partecipazione di Israele alla kermesse e il ruolo del televoto in un contesto segnato da conflitti internazionali.

Già in aprile, RTVE aveva inoltrato una petizione ufficiale all’EBU per chiedere un confronto sulla presenza della televisione israeliana KAN all’Eurovision, in considerazione della guerra in corso a Gaza e delle forti preoccupazioni espresse da vari gruppi della società civile. Alla richiesta avevano aderito anche le delegazioni di Slovenia, Islanda e Irlanda. Pur ribadendo il proprio impegno verso l’EBU e i valori della manifestazione, RTVE invitava l’organizzazione ad aprire uno spazio di riflessione sulla partecipazione israeliana.

La risposta dell’EBU è arrivata prontamente, accogliendo il dialogo ma ribadendo che tutti i membri dell’Unione – inclusa KAN – restano eleggibili a partecipare.

Le tensioni si sono acuite durante la seconda semifinale, quando i commentatori di RTVE, Julia Varela e Tony Aguilar, hanno ricordato – durante la presentazione dell’artista israeliana Yuval Raphael – sia che la cantante è sopravvissuta agli attacchi di Hamas del 7 ottobre, sia il drammatico bilancio delle vittime civili a Gaza, citando i dati delle Nazioni Unite (oltre 50.000 morti, di cui più di 15.000 bambini).

Varela ha precisato che si trattava di un richiamo alla pace e ai diritti umani, coerente con lo spirito inclusivo dell’Eurovision. Tuttavia, la tv pubblica israeliana KAN ha presentato un reclamo formale, portando l’EBU a diffidare RTVE dal fare ulteriori riferimenti al conflitto.

Secondo quanto riportato da El País, una lettera firmata da Bakel Walden (presidente uscente del Reference Group) e da Martin Österdahl (supervisore esecutivo dell’Eurovision) ha ammonito RTVE: ogni dichiarazione dei commentatori che violi la neutralità del concorso sarà sanzionata con “multe punitive”. L’EBU ha ricordato che il regolamento e il manuale dei commentatori vietano espressamente riferimenti politici o dichiarazioni che possano compromettere lo spirito “apolitico” dell’evento.

Nonostante l’ammonimento, pochi secondi prima della diretta della finale è apparso un messaggio su sfondo nero, in spagnolo e inglese:
“Quando sono in gioco i diritti umani, il silenzio non è un’opzione. Pace e giustizia per la Palestina.”
Il presidente di RTVE, José Pablo López, ha poi rilanciato il messaggio sui propri canali social. Tuttavia, durante la trasmissione, i commentatori si sono attenuti alle indicazioni, evitando ogni riferimento al conflitto.

Alla luce dei risultati finali, RTVE ha annunciato l’intenzione di chiedere all’EBU una riflessione anche sul sistema di televoto, che – a loro dire – risente dell’influenza di dinamiche geopolitiche e campagne organizzate. Il caso emblematico è quello di Israele, che ha ricevuto solo 60 punti dalle giurie, ma è balzato in alto nella classifica grazie a ben 297 punti dal televoto, risultando il Paese più votato dal pubblico. Anche l’Ucraina ha beneficiato di un simile effetto, salendo dal ventesimo posto delle giurie al quarto nella classifica finale.

Già nel 2024, il televoto spagnolo aveva assegnato i 12 punti a Israele, nonostante le tensioni politiche interne. Secondo Telediario, altre emittenti nazionali potrebbero unirsi alla richiesta di revisione delle regole del televoto.

In Spagna, la vicenda ha avuto una forte risonanza mediatica e politica. Diversi esponenti di partiti di destra ed estrema destra hanno pubblicamente dichiarato di voler votare per Israele a prescindere dalla qualità artistica della canzone, alimentando il sospetto di un uso ideologico del televoto.

RTVE denuncia una politicizzazione crescente dell’evento e invita l’EBU a garantire che l’Eurovision resti uno spazio di incontro musicale e culturale, davvero “unito dalla musica” – come recita il suo motto – e non diventi terreno di scontro tra opposte propagande.

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