Forse stavolta Ibiza muore un po’ davvero
Ora, la notizia è un fulmine – molto brutto – a ciel sereno, ma nel momento in cui scriviamo sono ancora da capire bene i termini della questione. Quello che è certo è che sul profilo Facebook del dj inglese inglese Jonathan Grey, meglio conosciuto come Jon Sa Trinxa (e questo nome d’arte la dice… The post Forse stavolta Ibiza muore un po’ davvero appeared first on Soundwall.

Ora, la notizia è un fulmine – molto brutto – a ciel sereno, ma nel momento in cui scriviamo sono ancora da capire bene i termini della questione. Quello che è certo è che sul profilo Facebook del dj inglese inglese Jonathan Grey, meglio conosciuto come Jon Sa Trinxa (e questo nome d’arte la dice lunga…), è apparsa questa immagine, qui il link così controllate di persona:
Per quei pochi di voi capitati su queste pagine che non sapessero cosa sia Sa Trinxa, si tratta di uno dei locali più storici, iconici e tipici di Ibiza. Nato nel 1978, adagiato sulla spiagge della zone delle Salinas (una delle spiagge più magiche e belle di Ibiza, nonostante sia da tempo una delle più popolari e popolate), è diventato uno dei luoghi per eccellenza non solo del “suono balearico”, una house rilassata ed eclettica, ma anche e soprattutto dell'”attitudine balearica”: un intreccio di vita lenta e di ballo continuo, di relax ed euforia, di essere baciati dal mare ma al tempo stesso dell’avvertire la vibrazione metropolitana del clubbing. Pochi altri posti sono più rappresentativi, sull’Isola e non solo sull’Isola.
Chiaro: nel frattempo i soldi e i numeroni li hanno fatti gli altri, ovvero i locali storici sulla stada per San Antonio o i mammuth di Playa d’En Bossa, Sa Trinxa invece è sempre rimasto un chiosco senza troppe pretese (anche se negli anni si è adeguato al costo della vita ibizenco, vero, senza però mai creare barriere “da clientela VIP”, tutt’altro); e proprio il fatto di aver perseguito questa scelta e aver mantenuto un’identità rilassata, con tutti i significati del termine in questione, tutta la libertà, lo rendeva un autentico baluardo dello spirito migliore di Ibiza, quella che fa innamorare tutti dell’Isola, almeno a parole (…poi nei fatti in molti, troppi si intruppano nei megaclub con ingresso a 100 euro o negli hotel-casermoni di lusso con spettacolo accluso, lo sappiamo: ma questo è un altro discorso, molto più vasto di Ibiza stessa e delle Baleari).
Sono anni che si dice che “Ibiza è morta“, e a lungo anche le scelte dell’amministrazione locale sono andate in questa direzione in più ondate, con regolamentazioni sempre più stringenti contro la “musica libera” ventiquattro ore su ventiquattro, chiusure di locali, un uso diciamo così molto regolamentato delle licenze, e soprattutto – negli ultimi tempi – un progressivo buttarsi lascivamente fra le braccia del turismo di lusso, quello per cui ricchi e figli-dei-ricchi arrivano da tutto il mondo sciamando su Ibiza essenzialmente per sentirsi, per qualche giorno, liberi, poveri ma belli, artistoidi e fricchettoni, ma senza rinunciare nemmeno ad un’oncia del lusso e dell’esclusività a cui sono abituati. E, dietro di loro, un po’ defilati, quelli ricchi o figli-di-ricchi non sono, ma aspirerebbero tanto ad esserlo e, quindi, fingono di esserlo, imitandoli.
Ma nonostante tutto questo, c’è sempre chi ha rassicurato dicendo “Ibiza cambia, ma alla fine resterà sempre se stessa, certe ondate passano e vanno“. Ok. Ma una Ibiza che sulla pressione pare di alcuni potenti proprietari della zona delle Salines toglie al chiosco di Sa Trinxa la possibilità di ospitare dei dj set è, se la cosa è davvero confermata e non è uno scherzo o un’uscita fuori luogo di Jonathan Grey, è una Ibiza che sancisce definitivamente e plasticamente la superiorità dei soldi e del potere politico su quella dello spirito, dell’attitudine, dei propri valori intrinseci.
Se davvero si tolgono i dj set a Sa Trinxa, beh, allora vuol dire davvero che qualcosa si è guastato, e un certo tipo di corruz…, pardon, di evoluzione etico-estetica-economico-palazzinara non si ferma ormai più di fronte a niente
Non vogliamo essere ingenui – questa superiorità c’era già da tutte le parti, ma in qualche modo (forse anche per calcolo economico, per strategia di marketing…) si è sempre stati attenti sull’Isla a non superare definitivamente il segno o, anche nelle innovazioni o scelte più radicali, a lasciare comunque qualche decente traccia del DNA originario che ha reso leggendario ed amato il posto fin dagli anni ’60. Si poteva storcere il naso di fronte al divieto di radunarsi al Mirador di Es Vedrà, però era una cosa in qualche maniera superabile, accettabile, anche perché il Mirador in questione era diventato ormai per troppi uno stucchevole instagramodromo; se invece davvero si tolgono i dj set a Sa Trinxa, beh, allora vuol dire davvero che qualcosa si è guastato, e un certo tipo di corruz…, pardon, di evoluzione etico-estetica-economico-palazzinara non si ferma più di fronte a niente, neanche di fronte ai simboli più pacifici ed intensi.
Speriamo che tutto rientri, o che sia solo un falso allarme; e se non è un falso allarme, che alla fine le reazioni in arrivo da tutto il mondo possano far recedere l’amministrazione locale dalle proprie scelte. Nel frattempo, ecco una chiacchierata con Jon Sa Trinxa, con carrellata d’immagini e sensazioni: sono solo 90 secondi, praticamente uno spot, tranquilli, ma sufficienti per capire e “respirare” un sacco di cose. Per chi è ancora capace di “sentire”, oltre che di pagare e sbocciare. Ah, è già nata una petizione su Change.org: se volete firmare, ecco qui.
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