Kosovo, trekking sulla Via Dinarica – Il Reportage
Sulla carta geografica, nel cuore della Penisola balcanica, c’è un territorio delimitato da linee tratteggiate. Un territorio dall’estensione paragonabile all’Abruzzo, che ha vissuto il dominio di Alessandro Magno e dei romani, che è stato al centro di invasioni, guerre, imperi e regni, terra di battaglie e miti per serbi e albanesi. Un territorio, il Kosovo, che ha dichiarato unilateralmente la propria indipendenza, in cerca della propria via verso un futuro migliore. Continue reading Kosovo, trekking sulla Via Dinarica – Il Reportage at L'Agenzia di Viaggi Magazine.


Sulla carta geografica, nel cuore della Penisola balcanica, c’è un territorio delimitato da linee tratteggiate. Un territorio dall’estensione paragonabile all’Abruzzo, che ha vissuto il dominio di Alessandro Magno e dei romani, che è stato al centro di invasioni, guerre, imperi e regni, terra di battaglie e miti per serbi e albanesi. Un territorio, il Kosovo, che ha dichiarato unilateralmente la propria indipendenza, in cerca della propria via verso un futuro migliore.
DALLE PAROLE AI FATTI

Le Montagne Maledette, viste da Peja.
A Pristina, veniamo accolti da responsabili e volontarie del progetto NaturKosovo, finanziato e promosso dall’Associazione italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) di Tirana, nato per sviluppare il settore turistico nella regione occidentale e salvaguardare le sue risorse naturali, storiche e culturali. Un progetto partito tre anni fa, il 1° maggio del 2022, per cercare di garantire posti di lavoro alle nuove generazioni, fornendo una reale alternativa all’esodo dalle montagne verso le città o verso l’Europa, per cui sono stati stanziati 1,8 milioni di euro. Per il progetto, sostenuto dall’Ambasciata Italiana, è stato selezionato – tramite una call for application – un consorzio guidato da Volontari nel mondo Rtm e Celim, in collaborazione con l’Associazione italiana turismo responsabile (Aitr), il Club alpino italiano (Cai), il Corpo nazionale di soccorso alpino e speleologico (Cnsas) e una realtà locale, Utalaya Foundation, creata da Uta Ibrahimi, classe 1983, una leggenda dell’alpinismo kosovaro, prima donna balcanica ad aver scalato le 14 vette più alte del mondo, gli “ottomila”. Il prodotto finale è la Via Dinarica Kosovo, che si concentra sulla difesa, lo sviluppo e la promozione del segmento kosovaro del percorso escursionistico che attraversa le Alpi dinariche.
CHE IL CAMMINO ABBIA INIZIO

Il panorama dalla Bujtina Kaçaqu
La Via Dinarica Kosovo si estende per 155 chilometri – considerando anche le connessioni con gli altri percorsi – e L’Agenzia di Viaggi Magazine ha avuto la possibilità di percorrerne circa 20, attraverso due delle 13 tappe che si snodano tra le municipalità di Junik, Deçan e Peja, e di conoscere i beneficiari del progetto. Persone come Visar Qorrai e la sua famiglia, che gestiscono la Bujtina Kaçaqu, nel canyon di Rugova, sulle Montagne Maledette, vicino al confine con il Montenegro. Il figlio Maltin ci racconta la genesi dell’idea di una guesthouse proprio lì, circondato da montagne alte oltre 2.000 metri: «Paradossalmente, tutto è nato durante la pandemia. Era il modo per restare qui», dove sono gli unici abitanti, d’inverno. In fondo, i Qorrai davano spesso ospitalità agli escursionisti di passaggio: era solo il momento di renderla una vera e propria attività. O come Fatos Lajci, fondatore dell’Ong Era (Environmentally Responsible Action), che ha una baita sulla montagna di Hajla, raggiungibile solo a piedi, usata come guesthouse e centro di educazione ambientale per i giovani.
DI BAITA IN BAITA
Qorrai e Lajci sono tra i 31 beneficiari – piccole imprese di artigiani, agricoltori e pastori, proprietari di baite e associazioni o tour operator che offrono servizi relativi alla montagna – del NaturKosovo Endowment Fund (Nkef), un fondo di 360.000 euro, parte di NaturKosovo, per idee progettuali del valore tra i 2.500 e i 18.000 euro, selezionate attraverso un bando. Il processo, però, è stato più complicato del previsto, ha spiegato Filippo Vigani, capo progetto di NaturKosovo e rappresentante legale di Volontari nel mondo Rtm nel Paese: «Avevamo ricevuto solo 30 domande per 30 finanziamenti. Abbiamo quindi deciso di dare altri due mesi per la presentazione dei progetti, capendo che l’opera di informazione delle comunità locali non aveva funzionato e che l’application in sé, per molti, era troppo difficile. Quindi, abbiamo organizzato degli incontri per spiegare come presentare la domanda, ma ci siamo trovati di fronte anche a persone che non sapevano mandare un’e-mail. Poi? La cosa più ovvia, e anche la più faticosa, era andare a cercarle una a una».
Per un mese, tutti i giorni, dalle 5 del mattino alle 10 di sera, Vigani e Matteo Vegezzi, il Project Officer di NaturKosovo, sono andati in montagna, di baita in baita, partendo dalle zone più remote. «È stata un’avventura. Molte persone non vivono più tutto l’anno in montagna. Quindi era molto difficile trovarle. Abbiamo infilato il materiale informativo sotto le porte o lo abbiamo attaccato con lo scotch alle finestre, in modo che le persone potessero riceverlo, magari all’inizio della primavera. È stato massacrante, a livello fisico e psicologico, visti i rischi nel percorrere strade e sentieri anche in condizioni climatiche difficili. Massacrante, ma bello, perché poi ha dato risultati». Sono state presentate 103 domande e, grazie all’attenzione nella revisione dei fondi, sono stati finanziati tutti e 31 i progetti approvati. «Solo quattro beneficiari devono finire i loro interventi, con la chiusura del progetto programmata per novembre: questo vuol dire che siamo stati presenti sul campo».
E POI IL SOLE TORNÒ A SPLENDERE

Il lago Drelaj
Se un denso strato nuvoloso ci aveva impedito di godere del panorama del canyon di Rugova, nella prima giornata di trekking – lungo la terza tappa della Via Dinarica, da Shtedim a Hajla – il sole splende alto, deciso, durante l’escursione del secondo giorno, più impegnativa. La settima tappa del percorso, da Kuqishte a Milishevc, ci ricompensa con la vista di due piccoli laghi, il Leqinat e il Drelaj. Nel frattempo, Vigani mi racconta altri aspetti tecnici dell’iniziativa: «Il progetto si divide in quattro gruppi di attività. Il primo cluster è il più pratico: si tratta del consolidamento della Via Dinarica Kosovo, sotto la responsabilità prevalentemente di Celim e Cai, e si tratta di tutta l’opera di manutenzione, tracciatura e apertura di nuovi tratti. La seconda fase prevede il coinvolgimento delle realtà locali, perché il progetto è di cooperazione, non è calare dall’alto dei prodotti. Vogliamo la creazione di un consorzio per la gestione del prodotto Via Dinarica Kosovo, perché l’obiettivo principale progettuale è questo: creare un prodotto turistico e far sì che ci sia un beneficio per le comunità locali derivante da un turismo sostenibile. Non vogliamo creare un prodotto gestito da privati, ma ci piacerebbe riuscire a creare un consorzio di attori locali che gestiscano la Via Dinarica Kosovo per il bene delle comunità, per preservare gli aspetti naturalistici e ambientali più importanti». Infine, oltre al terzo cluster, che ruota intorno al NaturKosovo Endowment Fund, c’è la formazione delle persone e la promozione del prodotto Via Dinarica.
UNESCO E CONSAPEVOLEZZA

Affresco del monastero di Visoki Dečani
«Il ruolo dell’Associazione italiana turismo responsabile (Aitr) in questo progetto è stato quello, soprattutto, di incontrare le amministrazioni locali per individuare gli elementi attrattivi del territorio, in aggiunta ovviamente alla Via Dinarica, che è il cuore del progetto», ha spiegato il presidente di Aitr, Maurizio Davolio. Elementi che non mancano, dato che – durante il nostro EducTour – abbiamo visitato tre importanti siti religiosi della Chiesa ortodossa serba, inseriti dall’Unesco nella lista del Patrimonio mondiale: il monastero patriarcale di Peć, il monastero di Visoki Dečani e il monastero di Gračanica. «Poi, abbiamo spiegato agli operatori turistici l’importanza della sostenibilità ambientale nelle loro strutture. Ma non si è trattato di un’opera di convincimento sul piano etico: per loro c’è soprattutto una convenienza commerciale, perché il mercato è sempre più attento a queste tematiche», ha spiegato Davolio.