The Kollege: tra rabbia lucida e rivoluzione emotiva, il rock torna a graffiare

Con il nuovo singolo “Fucking Dream”, i The Kollege accendono i riflettori sull’ipocrisia contemporanea, anticipando l’uscita dell’album d’esordio “Sensibility” prevista per il 16 maggio. Il brano è un grido di denuncia contro un mondo che premia l’apparenza e l’ignoranza, ma anche un invito a riscoprire la consapevolezza e la sensibilità come forme di resistenza. In […] The post The Kollege: tra rabbia lucida e rivoluzione emotiva, il rock torna a graffiare appeared first on Indielife.it - Magazine indipendente dedicato agli artisti emergenti.

May 25, 2025 - 12:20
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The Kollege: tra rabbia lucida e rivoluzione emotiva, il rock torna a graffiare

Con il nuovo singolo “Fucking Dream”, i The Kollege accendono i riflettori sull’ipocrisia contemporanea, anticipando l’uscita dell’album d’esordio “Sensibility” prevista per il 16 maggio. Il brano è un grido di denuncia contro un mondo che premia l’apparenza e l’ignoranza, ma anche un invito a riscoprire la consapevolezza e la sensibilità come forme di resistenza.

In questa intervista, la band racconta il proprio percorso umano e musicale, le influenze che li guidano e il sogno – tutt’altro che illusorio – di una rivoluzione fatta di empatia, scelte quotidiane e libertà creativa.

“Fucking Dream” è un brano fortemente critico nei confronti della società dell’illusione e dell’apparenza. Qual è stato il momento in cui avete sentito la necessità urgente di scrivere questo pezzo? C’è stato un episodio, un confronto o una sensazione che ha fatto da detonatore creativo?

Ciò che ci ha fatto sentire la necessità di scrivere questo pezzo non è un singolo momento o un episodio in particolare: da sempre sentiamo l’urgenza di poter dire qualcosa, criticando anche ciò che di negativo vediamo e sentiamo attorno a noi. La musica è il mezzo migliore che abbiamo tra le mani; è il nostro modo di scendere in piazza e dire la nostra.

Una sensazione sicuramente c’è stata e tutt’ora c’è: vogliamo sfruttare l’ingenuità giovanile nel parlare di questi temi senza filtri. Ci confrontiamo sempre per unire le forze, essendo tutti e tre sulla stessa linea di pensiero e avendo tutti e tre molto da tirar fuori.

Cantate dell’importanza della consapevolezza in un mondo che invece premia l’ignoranza e la finzione. Secondo voi, oggi cosa significa davvero “scegliere la realtà”? E come si traduce questa scelta nella vostra vita quotidiana e nel modo in cui vivete la musica?

La consapevolezza è l’unica arma che dovrebbe esistere e che tutti abbiamo a disposizione. Noi tre ci riteniamo eterni ignoranti e, in quanto tali, cerchiamo di esserlo sempre meno. Credere di essere consapevoli non è sano; non esiste una perfetta e duratura consapevolezza dal nostro punto di vista.

Parlare di realtà come scelta è proprio il punto focale del nostro messaggio: a volte la realtà dei fatti è innegabile ed è davanti ai nostri occhi e, contrariamente alla credenza comune, qualcosa si può fare, anche se in piccolo. Servono proprio delle scelte che, in quanto tali, richiedono piccoli o grandi sacrifici. Noi, nella nostra quotidianità, lo facciamo con il veganesimo, evitando di contribuire al fast fashion e comprando usato o made in Italy; molto semplicemente, andando a votare o scendendo in piazza, ecc. Noi viviamo in questo modo e sappiamo che non è semplice; però, quando vedi e conosci alcune realtà, non puoi fare a meno di intervenire, anche solo nel tuo piccolo.

Tutto ciò influenza inevitabilmente la nostra musica. Vorremmo mettere a nudo la realtà, o almeno quella che siamo sicuri di vedere, non solo però gli aspetti negativi, ma anche quelli positivi: ciò che più facilmente salta all’occhio è il “male” della realtà, ma esiste anche un grande “bene”. E, citando un nostro grande idolo: “Io credo soltanto che tra il male e il bene è più forte il bene”.

In “Fucking Dream” emerge un’idea molto forte: solo attraverso l’unione e la condivisione si può combattere l’indifferenza. Come nasce e si alimenta questa unione nel vostro percorso di band? Quanto conta, per voi, la dimensione collettiva del fare musica?

La nostra unione forse non nasce, c’è sempre stata. Ci riteniamo tutti e tre fratelli e ci conosciamo fin da piccoli. Si alimenta suonando insieme, detto molto sinceramente: ci connettiamo, parliamo la stessa lingua. La dimensione collettiva è fondamentale; se si uniscono le forze, si può fare qualcosa di davvero grande e importante. Proprio di questo vogliamo farne la nostra forza.

“Sensibility” si presenta come un album manifesto, un inno alla libertà emotiva e alla ribellione contro un mondo che vuole anestetizzare i sentimenti. Ci raccontate come avete costruito questo viaggio in dodici tracce? C’è un filo rosso che le lega?

Il filo rosso che lega tutte le tracce è la spensieratezza, una grande sperimentazione, un grande divertimento e una grande sensibilità; da qui nasce il titolo, una sensibilità non solo sulle parole ma anche sugli strumenti. La definizione “viaggio” è perfetta per questo album, lo è a tutti gli effetti: si passa da un pezzo all’altro come in uno stesso viaggio si passa dalla montagna al mare, senza però mai sentirsi fuori contesto. È tutto legato da forti sentimenti e speriamo che questi arrivino il più possibile a chi ci ascolta. Questo proprio perché sentiamo di star vivendo in una società che anestetizza i sentimenti e che li fa durare molto poco, a causa della velocità e della fretta di questo mondo.

Le vostre influenze musicali affondano nelle radici del rock’n’roll, del blues e del reggae. In che modo questi linguaggi vi aiutano a raccontare temi così attuali come la disillusione, la speranza e la lotta interiore? E come riuscite a farli dialogare con il presente?

Questi generi musicali, soprattutto il blues e il reggae, portano con sé una storia di resistenza e di lotta che noi cerchiamo di reinterpretare nella nostra musica. Se si ascolta un pezzo blues della prima metà del ‘900, si percepisce subito quella vibrazione lungo tutto il corpo che sa di ribellione e lotta fatta senza armi, ma a colpi di parole e note musicali. Questo è ciò che cerchiamo nella nostra musica, parlando di una schiavitù diversa e forse peggiore perché invisibile agli occhi.

Sono linguaggi che nascono da un bisogno che, ad oggi, c’è ancora di più, ma in modo diverso nella musica. Crediamo di dover tornare alle radici di quei generi che hanno coniato questa narrativa dei temi sociali e politici all’interno delle canzoni. Anche per noi è un bisogno. Secondo noi, il presente deve solo scoprire tutto ciò; purtroppo, anche nei nostri coetanei la musica si sposta tutta su un’altra sponda e per questo non c’è nemmeno modo di conoscere questi generi e questo modo di comunicare.

Noi vogliamo far scoprire il più possibile proprio tutto questo, ovviamente in chiave più moderna e più nostra, anche per le influenze di un presente che, in passato, era ovviamente diverso ma allo stesso tempo molto simile. Siamo sicuri, per questo, di riuscire a far dialogare tendenze passate con il presente.

Dichiarate che “l’unica vera rivoluzione è vivere con sensibilità”. In un panorama musicale spesso improntato su cinismo e spettacolarizzazione, pensate che ci sia spazio per questa rivoluzione? E che ruolo attribuite al pubblico in questo processo di cambiamento?

La sensibilità è un concetto su cui non basiamo solo la musica, ma la vita. Se tutti fossimo davvero più sensibili, non ci sarebbero ingiustizia, violenza, corruzione o altro. Non solo pensiamo che ci sia spazio per questa rivoluzione, ne siamo sicuri, ed è evidente che sia di estrema necessità. È una rivoluzione che può avvenire solo con la cultura e l’arte; infatti, il nostro messaggio è anche questo: fate arte, cantate, suonate, danzate, disegnate, scrivete, e quando non la fate, osservatela. C’è arte ovunque.

Questo è il ruolo del pubblico, e quindi anche il nostro: il modo migliore che vediamo per curare e sostenere la nostra sensibilità. Ci rendiamo conto di star facendo e dicendo cose molto forti, importanti e delicate. Non crediamo di essere dei rivoluzionari, ma vogliamo far parte di una rivoluzione, contribuendovi con i piedi per terra e con grandi sassi nelle tasche per evitare che la nostra giovane età non giochi scherzi.

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