Israele: rinvenute nel deserto 5 statuette dai tratti africani
Scoperte nel Negev statuette con tratti africani risalenti a 1.500 anni fa: testimonianza di un crocevia culturale cristiano.

Un ritrovamento straordinario sta riscrivendo alcuni capitoli della storia del Negev meridionale: in una necropoli nei pressi di Tel Malḥata, nella Valle di Arad, sono emerse statuette antropomorfe che offrono uno sguardo inedito sui contatti culturali avvenuti circa 1.500 anni fa in questa regione oggi parte dello Stato di Israele.
Tornate alla luce nell’ambito di una campagna di scavi condotta da un team internazionale di archeologi, presentano tratti estetici africani e sono state ritrovate in contesti funerari riconducibili a donne e bambini.
Tali scoperte, pubblicate nel numero 117 della rivista accademica ʼAtiqot dell’Israel Antiquities Authority, aprono nuove prospettive sull’identità delle comunità cristiane che abitavano l’area durante il periodo romano-bizantino. Si tratta di una testimonianza unica non solo per la rarità degli oggetti ritrovati, ma soprattutto per il valore culturale e simbolico che sembrano racchiudere.
Un crocevia multiculturale nel deserto israeliano
Il sito di Tel Malḥata era, nell’antichità, un punto di snodo per le rotte commerciali che collegavano la Penisola Arabica, il subcontinente indiano e l’Africa orientale con il bacino del Mediterraneo: una funzione strategica confermata dalla presenza di oggetti provenienti da regioni lontane, come vetri, pietre preziose, bracciali in bronzo e alabastro, ma è la scoperta delle statuette a colpire maggiormente per le implicazioni culturali che porta con sé.
Scolpite in materiali pregiati come osso e legno di ebano (quest’ultimo originario dell’India meridionale e dello Sri Lanka) raffigurano uomini e donne dai tratti somatici africani marcati. Alcuni esemplari mostrano fori praticati sulla sommità, a suggerire che fossero indossati come amuleti o pendenti, forse portati con sé durante il viaggio, o trasmessi all’interno di una famiglia come reliquie identitarie.
Tracce di memoria familiare in contesti cristiani
Non si tratta, secondo i ricercatori, di semplici oggetti ornamentali. Le statuette rinvenute nei sepolcri di Tel Malḥata sembrano essere state posizionate con cura accanto ai corpi, a testimonianza del loro significato affettivo e spirituale. Il contesto cristiano delle sepolture (datate tra il VI e il VII secolo d.C.) emerge con chiarezza dalle modalità rituali osservate nella disposizione delle tombe.
In particolare, due delle statuette sono state ritrovate in una doppia sepoltura, occupata da una donna e un bambino, forse madre e figlio. La scelta di accompagnare i defunti con oggetti così personali indica non solo una fede cristiana, ma anche il perdurare di usanze millenarie, che la conversione religiosa non era riuscita a cancellare del tutto.
Continuità culturale e identità nell’antico Negev
Gli archeologi coinvolti nello scavo, tra cui il Dr. Noé D. Michael dell’Israel Antiquities Authority e dell’Università di Colonia, insieme a Svetlana Tallis, Emil Aladjem e al bioarcheologo Dr. Yossi Nagar, sostengono che gli oggetti rappresentino una continuità culturale portata avanti anche dopo l’adozione del cristianesimo. Le statuette potrebbero aver incarnato la memoria di antenati o simboli identitari radicati in comunità di origine africana, giunte nel Negev come migranti, mercanti o membri di famiglie miste.
Non è escluso che tali persone avessero mantenuto, accanto ai nuovi riti religiosi, una connessione profonda con le proprie origini etniche. Le statuette possono quindi essere lette come manifestazioni tangibili di una doppia appartenenza: alla nuova comunità religiosa e alla tradizione ancestrale, fusa in un simbolismo personale che trascende le frontiere geografiche e culturali.
Un ritrovamento che parla al presente
Per Eli Escusido, Direttore dell’Israel Antiquities Authority, il valore del ritrovamento va oltre la dimensione storica: “Questi reperti sono toccanti non solo dal punto di vista archeologico, ma anche umano“, ha dichiarato. “Ci ricordano che la Terra d’Israele è da sempre una terra di passaggi e incontri. Qui popoli lontani si sono mescolati, hanno lasciato segni della loro presenza, delle loro credenze, delle loro memorie“.
Le statuette di Tel Malḥata, dunque, appaiono come voci silenziose di un’umanità antica che, pur lontana nel tempo, continua a raccontare storie di migrazione, integrazione e identità. In un’epoca in cui il tema delle radici culturali è più che mai attuale, invitano a riflettere sulla complessità e sulla ricchezza dei percorsi umani, anche nel cuore di un antico deserto.