Rkomi e il viaggio a ritroso di ‘Decrescendo’: “Non è solo un disco, è la mia verità”
Dimenticare i dischi di platino, le vette in classifica e i tormentoni da milioni di stream: "Decrescendo" è il lavoro più personale e crudo che Rkomi abbia mai pubblicato L'articolo Rkomi e il viaggio a ritroso di ‘Decrescendo’: “Non è solo un disco, è la mia verità” proviene da imusicfun.

Dimenticare i dischi di platino, le vette in classifica e i tormentoni da milioni di stream: Decrescendo è il lavoro più personale e crudo che Rkomi abbia mai pubblicato. Non è un disco pensato per i numeri, ma per raccontare. Non è una scalata, è una discesa interiore. Ed è per questo che, nel panorama della musica italiana attuale, suona come un’anomalia preziosa.
«È la decrescita del titolo, appunto. Tornare alle radici per capire chi si è», spiega l’artista a Vanity Fair. Dopo il successo enorme di Taxi Driver e la parentesi pop-urban con No Stress (in coppia con Irama), Rkomi sente il bisogno di abbassare il volume del rumore esterno per ascoltare quello interno. Così torna nel quartiere di Calvairate, alla sua infanzia difficile, alle relazioni sbagliate, alla figura del padre assente, alla madre picchiata da un compagno davanti ai suoi occhi quando era solo un bambino. E sceglie di raccontarlo.
Decrescendo è una raccolta di diciotto brani che suonano come lettere intime, rivolte a persone reali che hanno segnato il suo percorso: amici d’infanzia come Tedua e Bresh, il fratello maggiore, la madre, sé stesso. Il disco si apre con un’immagine potente: un episodio di violenza domestica visto con gli occhi di un bambino. «Era il primo peso che volevo togliermi», racconta. Un atto di coraggio, non scontato, per un artista cresciuto in un ambiente dove mostrarsi fragili non era previsto.
Eppure, Decrescendo non è solo buio: è anche desiderio di riscatto, è bisogno di sincerità, è la voglia di essere se stessi fino in fondo. Rkomi si mette a nudo, ammette i propri errori, riflette sulle sue relazioni fallite e sulla difficoltà di costruirne di autentiche, in un mondo in cui il successo spesso crea attorno più maschere che affetti veri.
La musica, per lui, è da sempre rifugio e arma. L’ha aiutato a capire, a sopravvivere, a cercare una direzione. «Preferisco lasciare qualcosa alla gente e a me stesso», dice. E in Decrescendo lo fa con uno stile che si allontana dai trend del momento, abbracciando una forma ibrida tra rap, cantautorato e confessione. Un percorso simile a quello di colleghi come Marracash, ma declinato nella voce di chi ha sempre cercato un posto nel mondo, prima che nella discografia.
Non c’è spazio, stavolta, per ospiti “strategici” o hit radiofoniche. C’è spazio solo per la verità. Gli unici featuring sono con amici veri, cresciuti con lui, come Ernia, Izi, lo stesso Tedua. «Molti di noi non hanno avuto un padre o una madre, siamo simili in questo», spiega. In studio non si è limitato a registrare: ha vissuto, condiviso, costruito.
Anche la copertina è significativa: una vecchia foto scolastica, con un Rkomi bambino che non sorride. «Mi piace il contrasto: dalle foto sembra tutto ok. E invece ho voluto raccontare anche quei momenti che non finiscono nelle fotografie». Non si tratta di vittimismo, ma di una presa di coscienza, un gesto d’onestà che oggi suona rivoluzionario in un’industria spesso più attenta alla forma che al contenuto.
Dopo anni di classifiche, premi e riconoscimenti, Rkomi torna con un disco che è un punto e a capo. «Non m’interessa essere primo in classifica, stavolta, semmai essere “primo” nel cuore della gente che mi viene a sentire». E quando gli si chiede cosa ha imparato da tutto questo, risponde con disarmante semplicità: «Non lo so ancora. Ma sto meglio. E per ora mi basta».
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